Minori stranieri non accompagnati
Tra sacrificio e speranza

Foto di Víctor Mendoza da Pixabay

In un momento in cui il tema dei migranti irregolari infiamma la polemica politica, al di là delle battaglie legalistiche ciò che rimane non visto, volutamente, rispetto al tema della migrazione umana è il patrimonio di storie e vissuti, spesso dolorosi e traumatici, che racchiude. Invisibili tra gli invisibili e, spesso, purtroppo, indesiderati, sono i minori stranieri non accompagnati.

Un minore straniero non accompagnato è definito, in Italia, quale soggetto minorenne straniero presente sul territorio italiano senza genitori o tutori legali, e spesso senza documenti che permettano di verificarne le generalità. In Italia soltanto nel 2017 è stata promulgata una legge che permette a questi minori di essere tutelati e accolti, si tratta della legge n.47/2017, nota come legge Zampa. Il principio cardine di questa legge è l’inespellibilità del minore straniero solo sul territorio italiano, un principio già sancito dalla Convenzione Internazionale del Fanciullo e a livello nazionale dall’art. 19 del TU Immigrazione. Questa legge garantisce per i minori l’istituzione di strutture dedicate alla prima accoglienza e identificazione dei giovani e il successivo trasferimento in un sistema di seconda accoglienza fatto di Case famiglia e Sprar. Altro punto fondamentale della legge è la garanzia di avere un mediatore culturale presente durante i colloqui di identificazione e di accertamento dell’età. I minori hanno anche diritto di essere iscritti al Sistema Sanitario Nazionale e di studiare. Nel 2023 questi giovani sono stati 23.226, per la maggioranza maschi, prevalentemente hanno tra i 16 e i 17 anni e giungono in Italia soprattutto da Egitto, Ucraina, Tunisia, Gambia e Guinea. Quello che questi dati non mostrano sono le storie di questi giovani, e dei percorsi migratori disseminati di traumi e violenza che devono affrontare per arrivare in Italia.

Ci sono due modi per giungere sul territorio italiano: la rotta balcanica e via mare. “In mare”, come mi ha detto un adolescente tunisino che ho seguito presso un centro di pronta accoglienza romano per il quale lavoro, “c’è la morte”. Passare per mare vuol dire imbarcarsi in natanti di fortuna, che molto spesso smettono di funzionare o si disintegrano in mare. Molti giovani per non pagare i trafficanti si nascondono sui tir in partenza con i traghetti dalla Tunisia verso Genova. Uno di loro mi ha mostrato il video di come sia riuscito a nascondersi sotto il semiasse di un camion. Lui è riuscito a passare. Un altro ragazzo è stato sbranato dai cani delle guardie di frontiera. Spesso vengono respinti da uomini armati che tentano di farli annegare o uccidere direttamente.

La rotta balcanica è anche più pericolosa, perché è più lunga e i tenere percorsa a piedi. I giovani sono costretti ad affrontare percorsi chilometrici in boschi e strade dissestate per mesi, attraverso la Libia, la Grecia, la Macedonia, la Bosnia, la Croazia e la Slovenia per giungere poi a Trieste. Spesso questi ragazzi vengono respinti anche 12 o 13 volte alla frontiera di questi paesi, venendo malmenati, derubati e spesso subendo violenze sessuali. Guardie di frontiera e trafficanti sono entrambi autori di abusi fisici e sessuali sui minori. Uno dì loro mi ha raccontato di essere sopravvissuto all’esecuzione sommaria di alcuni migranti afgani da parte delle guardie di frontiera bosniache. Un altro giovane si è gettato dal terzo piano di un edificio per sfuggire alla polizia e si è rotto un braccio. Le famiglie di questi minori pagano ingenti somme per permettere ai figli di arrivare all’estero, spesso rischiando la prigione, se poi questi figli migrati nella speranza di una vita migliore non riescono a rimandare a casa i soldi per pagare il debito. Quando li incontro nel mio lavoro la maggior parte di loro mi dice che si è pentito della decisione di partire, che l’Italia non è come avevano immaginato, ovvero che la prospettiva di un lavoro immediato non c’è. Ma spesso non scelgono di partire. Sono figli “sacrificali”, ovvero vengono scelti dalla famiglia per espatriare e tentare la fortuna altrove. In genere sono i figli maggiori o gli unici figli maschi, o hanno qualche handicap che gli rende impossibile sopravvivere nel paese di origine. Ma la loro prospettiva di vita è vicina a quella della schiavitù per molti di loro, soprattutto per i giovani provenienti dall’Africa sub-sahariana, spesso vittime di rapimenti da parte di schiavisti e trafficanti di esseri umani. I minori che provengono dall’Albania spesso fuggono da padri violenti, etilisti, che sottopongo i familiari a forme di maltrattamento estremo. Tutti questi giovani, senza distinzione di provenienza, hanno patito fame e trascuratezza sanitaria. Spesso sono analfabeti, perché oltre al diritto all’infanzia gli è stato negato anche il diritto di studiare, dovendo lavorare fin da piccoli. Iniziano ad usare sostante come hascisc e tabacco quando hanno appena sei anni. Un quadro di incuria e maltrattamento non ascrivibile a famiglie inadeguate, ma a contesti nazionali in cui l’infanzia, a meno che non si appartenga a una piccola minoranza ricca, non ha alcuna tutela.

Spesso soffrono di disturbi da stress pos traumatico, di depressione, ansia, attacchi di panico e problemi di concentrazione e memoria. I problemi di dipendenza sono altrettanto diffusi. Per non parlare della pressione psicologica che subiscono per ripagare i debiti contratti dai genitori. Questi giovani hanno il diritto a trovare una vita migliore e riunirsi con la propria famiglia di origine. Il diritto a migrare è un diritto umano inalienabile. Sono le leggi a rendere queste persone illegali, e a spingerle verso la devianza, perché rendono di fatto impossibile inserirsi legalmente sul territorio italiano. I volti di questi giovani e le loro storie sono quelli che i giornali e politici non hanno mai visto e non vi mostreranno mai, ma quando si parta di migranti mandati in Albania e respinti, si sta parlando del loro calvario.

Dott.ssa Valeria Colasanti

Psicologa e psicoterapeuta a Roma

Per Approfondire

  • www.openmigration.com

migranti, psicologia, società, violenza

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