Il ruolo dei fratelli nell’Autismo
Ragazzi in “ombra”

Le paure che si celano dietro ad un ritardo nel linguaggio, a uno sguardo sfuggente, quel desiderio di contatto che lascia i genitori sempre più delusi ed impotenti dinanzi a qualcosa di così grande, fuori controllo, il tutto sfocia in una diagnosi composta da una parola sola: autismo e quando arriva colpisce in modo simile a uno schiaffo.

Qualsiasi diagnosi di disabilità rappresenta per la famiglia un’esperienza drammatica, paragonabile ad un lutto, poiché l’idea del figlio che si era creata durante la gravidanza viene sgretolata dai primi campanelli d’allarme che insinuano il dubbio della presenza di un problema. In un primo momento c’è la speranza di un errore, che tutto possa sistemarsi, ma poi quando arriva la diagnosi, spesso in modo troppo diretto da non lasciare spazio al pensiero, alla rielaborazione di quel turbinio di sentimenti che colpisce e travolge, ci si sente confusi, soli ed arrabbiati.

Una volta arrivata la diagnosi vi è la necessità di riorganizzare la propria vita, di conseguenza, il passato sembra lontano, il presente è come una “lavatrice” sempre in azione, il futuro prende la forma di un grande punto di domanda. Il rapporto della coppia di genitori cambia, il modo di guardarsi, di condurre la vita insieme, anche il lavoro deve essere riorganizzato in funzione del figlio, lo stipendio basterà per garantirgli un’assistenza ottimale?

Ad assistere a questo stravolgimento c’è una persona, in un angolo, ad ascoltare e rielaborare quanto gli sta accadendo attorno, come un uragano che al suo passaggio lascia tutto sottosopra: questa persona è il fratello o la sorella del bambino con autismo.

Generalmente, se il bambino con autismo è a basso funzionamento si tratta di fratelli maggiori, poiché i genitori di fronte ad una disabilità grave sono spesso scoraggiati all’idea di riprovare a intraprendere una nuova gravidanza.  Nel caso invece di autismo ad alto funzionamento, la cui diagnosi magari è giunta tardivamente, vi possono essere fratelli più piccoli.

Il termine inglese “siblings” usato per riferirsi indistintamente a fratelli e sorelle è ormai entrato nel linguaggio comune per indicare i fratelli di persone con disabilità. In passato la ricerca scientifica ha dato loro poco spazio, in realtà essi subiscono le conseguenze non solo delle difficoltà del fratello, ma anche dei genitori, come i problemi che emergono, l’aumento dello stress o l’insorgenza di sintomi depressivi. Per questo motivo si ritiene indispensabile ritagliare uno spazio pensato e dedicato ai siblings in ogni famiglia con un figlio nello spettro.

Un primo fondamentale passaggio è quello di renderli consapevoli della condizione autistica, anche al fine di evitare si facciano carico di colpe di cui non sono in alcun modo responsabili. Una volta innescato l’iter diagnostico e terapeutico è normale per i genitori concentrarsi e rivolgere le proprie attenzioni sul da farsi, utilizzando le poche risorse residue su di sé, per elaborare il “lutto” della diagnosi.

In questo lasso di tempo i “siblings” assistono da spettatori, elaborando gli avvenimenti a modo loro. Sarebbe invece auspicabile spiegare loro direttamente cos’è l’autismo, cosa comporta, evitando che possano costruirsi un’idea da soli, ancor peggio andando alla ricerca di informazioni in Rete, senza la corretta mediazione da parte degli adulti.

Si ritiene inoltre opportuno insegnare loro piccole strategie di coping, anch’essi, così come genitori ed insegnanti, devono imparare a relazionarsi con la persona neurodivergente e se forniti degli strumenti adeguati possono diventare un’importante risorsa, esattamente come i compagni a scuola.

Tuttavia, è essenziale non appoggiarsi troppo sui figli normotipici, che il loro ruolo non vada a sfumare, ricordandosi che anch’essi sono portatori di bisogni che vanno ascoltati,che hanno bisogno più che mai di attenzione ed affetto, di sentirsi importanti e non invisibili. Pertanto, i fratelli non dovrebbero per forza partecipare alle terapie, farsi carico della gestione quotidiana del fratello con autismo o essere sempre il suo interprete tra lui e il resto del mondo. Potrebbe essere utile in tal senso chiedere consigli ai terapisti per la gestione della relazione col figlio normotipico, in modo che non diventi disfunzionale e si evitino ripercussioni emotive e comportamentali.

Per quanto riguarda il futuro, il progetto di vita, è fondamentale non iper- responsabilizzare i siblings, soprattutto con frasi del tipo: “quando noi non ci saremo più te ne occuperai tu”. Questo comportamento è del tutto sbagliato; come già sottolineato, non bisogna dimenticare che anche lui ha il ruolo di figlio all’interno della famiglia e tale deve rimanere anche in futuro, non dovrà diventare il futuro genitore del ragazzo, non dovrà fare altro che il figlio, cercando di crescere il più serenamente possibile.

Bisogna tenere a mente che un fratello o una sorella sereni, che hanno avuto una crescita armoniosa, ritagliandosi i propri spazi, saranno un domani i migliori alleati per i genitori anziani e per il fratello adulto.

“Chi cercherà di scrutare i tuoi occhi per capire i bisogni e le emozioni? Chi prenderà le mani nelle mani per avvertire i brividi del tuo corpo? Chi accarezzerà i capelli facendoti scivolare dolcemente nel buio della notte? Chi ti stringerà al suo petto per sentire i palpiti del tuo cuore?

Nessuno o forse… Forse incontrerai molti sguardi, ma nessuno comprenderà i tuoi bisogni ed emozioni. Forse le tue mani toccheranno altre mani, ma nessuno avvertirà i brividi del tuo essere. Forse qualcuno accarezzerà i tuoi capelli, ma sarai sempre sola nel buio della notte. Forse qualcuno ti stringerà al petto, ma mai percependo i palpiti del tuo cuore.(Mazzone, 2015, p.131)

Ho letto questo pensiero e mi sono messa a sognare che i termini “sempre” e “mai” possano lentamente sfumare verso un’accezione positiva e soprattutto che quel “nessuno” possa trasformarsi in “qualcuno”.

Dott.ssa Laura Turco

Vincitrice del Contest WeWantYou per il mese di Settembre 2024

mail. lory.turco92@gmail.com

Per Approfondimenti

Mazzone L. (2015), “Un autistico in famiglia. Le risposte ai problemi quotidiani dei genitori di ragazzi autistici”, Mondadori

“Atypical” – Serie Tv Netflix di Robia Rashid (2017)

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