Quando l’arte incontra l’Alzheimer
Parliamo di William Utermohlen

William Utermohlen (1933-2007) è stato un pittore americano morto nel 2007 a causa della demenza di Alzheimer, diagnosticatagli circa dieci anni prima della sua morte, nel 1995.

La prima ad accorgersi del suo deterioramento cognitivo è stata la moglie, Patricia Redmon, con cui il pittore viveva a Londra. La donna aveva notato come il marito facesse difficoltà a trovare la strada di casa, a leggere l’ora sull’orologio e  dimenticava gli appuntamenti. Inizialmente questi primi sintomi furono curati a seguito di una prima diagnosi di depressione, ma in seguito ad una risonanza magnetica nel 1995, la vera diagnosi fu certa: deterioramento cognitivo a causa di demenza di Alzheimer.

Nel momento in cui ha saputo della sua malattia, Utermohlen ha scelto di testimoniare il decorso della malattia attraverso i suoi quadri, raccontando le perdite cognitive attraverso un’esperienza artistica.

Nel quadro che segue possiamo vedere gli autoritratti che ogni anno il pittore ha fatto di se stesso, dal momento in cui è stata diagnosticata la malattia fino al momento in cui poteva esprimersi con l’arte.

La maggior parte delle opere di Utermolhen raffigurano se stesso, adattando le proprie tecniche di pittura alle limitazioni motorie e percettive, tipiche dell’Alzheimer.

Già tra il 1990 e il 1991, nonostante la malattia non fosse ancora stata diagnosticata, il pittore si rende conto di iniziare ad avere un declino cognitivo ancora lieve, contrastando l’”anosognosia”, ossia il processo in cui non ci si rende conto dei sintomi della malattia, tipica di chi mostra ancora i primi sintomi di Alzheimer. Così nasce la serie pittorica “The Conservation Pieces” in cui cerca di rappresentare il suo orientamento spazio-temporale ancora abbastanza integro, in diversi luoghi a lui familiari, fino al quadro “Snow”, in cui è evidente il senso di smarrimento del pittore.

Nel 1997, l’artista dipinge “Self Portrait with saw” (Autoritratto con sega), in seguito alla notizia dell’autopsia a cui sarà sottoposto dopo la sua morte. Il quadro esprime il senso di terrore e sconsolazione del pittore al solo pensiero di ciò che sarà di lui al momento della sua morte. Nel 1995, quando al pittore fu diagnosticata la malattia, inizia a prendere forma la serie pittorica “Self-Portraits”, ossia autoritratti che raccontano il decorso della malattia. Un quadro particolarmente significativo è “Blue Skies”, nel quale possiamo vedere il pittore che annuncia la sua malattia che lo porterà ad una morte psichica certa, ma con le mani aggrappate al tavolo, ossia con la voglia ancora di preservare la figura del sé e ad indicare il desiderio di esistere ancora.

In questi autoritratti traspare ogni sensazione che il pittore prova durante gli anni della malattia: paura, tristezza, vergogna, rassegnazione. Ogni giorno Utermohlen perde un pezzo della sua identità, fino a che questa non ci sarà più.

William Utermohlrn ha dipinto fino alla perdita delle abilità grafico-manuali e alla perdita delle abilità percettive. Grazie alla sua perseveranza e al non perdersi d’animo di fronte alla malattia diagnosticata, oggi possiamo osservare, attraverso l’arte, come viene percepito il declino cognitivo tipico di chi soffre di Alzheimer.

Per approfondimenti:

https://www.demenzemedicinagenerale.net/l-isola/89-self-portraits-1967-2000-di-william-utermohlen

Articolo a cura della Dott.ssa  Mina Turi

Laureata in Psicologia dei Gruppi, Comunità e Organizzazioni

minaturi29@gmail.com

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