Il tradimento
Una questione di coppia
“Sai mantenere un segreto? Sto organizzando un’evasione da un carcere. Mi serve, diciamo, un complice. Prima dobbiamo andarcene da questo bar, poi dall’albergo, dalla città e infine dal paese. Ci stai o non ci stai?” (Lost in Translation
“Dan: Il tradimento è brutale, io non mi illudo che non sia così.
Alice: Come funziona, come si può fare questo a qualcuno?
Dan: Mi sono innamorato, Alice.
Alice: Come se non avessi avuto scelta! C’è sempre un momento in cui decidi “io a questo voglio cedere” o “io a questo voglio resistere”.” (Closer)
“Mi rendevo conto che l’amore non obbedisce alle nostre aspettative, è mistero puro e semplice.
Non sono sicuro di averti dentro di me, né di essere dentro di te, e neppure di possederti. E in ogni caso non è al possesso che aspiro. Credo invece che siamo entrambi dentro un altro essere che abbiamo creato e che si chiama ‘noi’.” (I ponti di Madison County)
Oggi, rullo di tamburi, parliamo di un argomento che spesso condiziona non poco le nostre vite relazionali: il tradimento.
Questi dialoghi sono tratti da Lost in Translation, Closer e I Ponti di Madison County (tre film che direttamente o indirettamente parlano di tradimento) e rappresentano diverse sfaccettature di questo tema: la coppia vissuta come una prigione dalla quale evadere con l’altro/a, il tradimento come scelta di cui assumersi le responsabilità, oppure il mistero, la scoperta, le nuove opportunità.
Cosa ci accade quando veniamo traditi? Rabbia, odio, tristezza, frustrazione, impotenza, delusione, sfiducia, sconforto.
E quando tradiamo? Sensi di colpa, pentimento, debolezza, confusione, autocommiserazione, odio di sé.
Queste sono alcune delle emozioni negative che si provano in questa circostanza, ma a volte il tradimento nasconde risvolti e aspetti che, inaspettatamente, potrebbero rivelarsi positivi. Questo, ovviamente, non vuole essere un invito al tradimento, ma uno spunto di riflessione su un argomento complesso che forse troppo spesso tendiamo a trattare con un punto di vista unilaterale.
Tradire viene dal latino tradére (consegnare) e nasce in ambito bellico per indicare “consegnare all’altro, consegnare al nemico”. In una relazione cosa stiamo “consegnando”? Probabilmente il nostro oggetto d’amore. Quando veniamo traditi ci sentiamo sfiduciati, arrabbiati e delusi dall’altra persona, viene meno un patto di fiducia e fedeltà che pensavamo inviolabile, si crea una frattura difficile, se non impossibile, da ricucire. Se accettiamo, però, l’assunto per il quale all’interno di una relazione non saremo mai gli stessi, ma in continua trasformazione rispetto alle nostre vite e ai nostri bisogni, allora quel patto di fiducia è anch’esso in continuo mutamento. È un qualcosa che va periodicamente rivisto, ritrattato e stipulato nuovamente, in base alle nostre nuove esigenze e le novità presenti nella coppia. Pensare al patto di fiducia e fedeltà con il/la partner come qualcosa di scritto, fisso ed eterno, sperando resti immutabile con il passare degli anni, dandolo per scontato, potrebbe rivelarsi una distrazione piuttosto disfunzionale all’interno della coppia (per un maggiore approfondimento leggere Idealizzazione e relazioni – Non solo un angelo).
Questo perché il tradimento è un fatto di coppia, un fatto relazionale, che coinvolge due individui con le proprie caratteristiche e differenze. Non voglio dire la retorica frase “in un tradimento la colpa è un po’ di tutti e due”, perché non è di colpe che sto parlando. Il tradimento è un fatto di coppia perché non riguarda le nostre individualità, ma quello che abbiamo messo nel costruire la relazione, i sentimenti , le energie, le nostre aspettative. In questo senso diventa riduttivo parlare di colpe, essendo un gesto che coincide con il sintomo di una o più mancanze nella coppia, da ambedue le parti, conseguenza di fratture che abbiamo sottovalutato o sulle quali ci siamo adagiati pensando la nostra relazione a prova di bomba. Molto spesso non ha a che fare con l’amore che, come nei dialoghi dei Ponti di Madison County, è “un mistero, qualcosa che va oltre le nostre aspettative”; ha a che fare con il “concreto” della nostra relazione, i nostri comportamenti, le nostre azioni, quello che facciamo e influenza l’altro. Essere un fatto concreto vuol dire che, se vogliamo e ci riusciamo, è un fatto affrontabile, non un mostro sovrannaturale dal quale possiamo solamente fuggire.
Il/la partner non è l’oggetto del nostro amore, non lo possediamo, e neanche dovrebbe interessarci farlo; è un soggetto d’amore, con i suoi limiti, le sue difficoltà, i suoi errori. Siamo individui in relazione, ognuno con la propria personalità e il proprio bagaglio di esperienze, cambiano le nostre esigenze, i nostri bisogni, le nostre libertà. Il tradimento non dovrebbe avere a che fare con il possesso, ma con il comunicare qualcosa, un disagio, un cortocircuito, una nuova necessità. Ridurre il tutto alla frase “avrebbe potuto lasciarmi prima” riguarda una perfezione che contempla una persona sempre capace di gestire le situazioni e prendere le decisioni migliori. Noi non siamo perfetti, non sono perfette le nostre relazioni e non lo è il nostro amore. Per questo siamo unici. Focalizzarsi sulla dicotomia vittima e carnefice, giusto e sbagliato, è spesso un modo di mettere avanti delle difese che ci proteggano dal dolore, permettendoci di uscire vincitori o perdenti dal confronto. Questo però tende a toglierci due possibilità, quella, se riusciamo ad affrontarlo e superarlo, di portare avanti una relazione che forse ha ancora qualcosa da dire, e la possibilità di crescere.
Il tradimento, come tutte le fratture e le ferite, ci pone davanti alle nostre paure peggiori, il non sentirci abbastanza per qualcuno, non essere unici ed esclusivi, e questo, volenti o nolenti, è un terreno fertile per crescere, capire molto su di noi e sui nostri limiti, sui nostri errori. Un tradimento, indipendentemente da essere noi a subirlo o effettuarlo, ci può regalare una grande possibilità di capire cosa sia andato storto, scoprendo qualcosa di nuovo su di noi e sull’ altro, rafforzandoci per non ricommettere gli stessi errori una seconda volta.
Esiste un tradimento giusto e uno sbagliato? Come recita una vecchia canzone degli Afterhours “Se vuoi indietro la tua vita, devi anche tradire”. Non credo si possa rispondere a questa domanda, non esistono vittime e carnefici perché tradire non vuol dire solo andare con un’altra persona, ma anche trascurare il/la partner a lungo, smettere di essere curioso/a nei suoi confronti, trattarlo/a in modo scontato non accogliendo i cambiamenti e le inevitabili differenze.
Il tradimento è un “fatto” complesso, umano, e in quanto umano a ognuno di noi, anche a chi pensa di saper “resistere a queste cose”, può capitare di ritrovarsi in una situazione gestita male, con dei dubbi improvvisi quando ormai è troppo tardi per tornare indietro. È una cosa umana e possiamo trattarla come tale, soffrendo, ma senza negare la possibilità che in un modo o nell’altro ci racconti qualcosa di noi.
email: luca.notarianni@alice.it
Per Approfondire:
Lost in translation, film di Sofia Coppola, 2003
Closer, film di Mike Nichols, 2004
I Ponti di Madison County, film di Clint Eastwood, 1995
Fiducia e Sfiducia, Krishnananda e Amana, Feltrinelli, 2013https://www.facebook.com/plugins/like.php?href=https%3A%2F%2Fwww.ilsigarodifreud.com&layout=button_count&show_faces=false&action=like&colorscheme=light&send=false&locale=en_UShttps://platform.twitter.com/widgets/follow_button.html?screen_name=wix&href=https%3A%2F%2Ftwitter.com%2Fwix&show_count=false&show_screen_name=true&lang=en&align=left&compId=comp-kkbexg8v&origin=https%3A%2F%2Fwww.ilsigarodifreud.com&widgetType=FOLLOW
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Maurizio
Mi fa piacere che da qualcuno sottolinei il fatto che non si debba necessariamente sempre e solo puntare il dito contro una persona che tradisce, ma si deve accettare che può essere un fatto della vita. E soprattutto, che si può superare un tradimento.