Baby Gang
Il fenomeno in Italia

Il termine “baby gang” è ormai entrato, grazie al tambureggiare dei mass media, nel linguaggio comune per definire ogni gruppo di giovani che, forte del numero, commette soprusi e reati vari nei confronti di coetanei ed adulti.

Ma che cosa è e quando nasce una baby gang?

Per parlare di baby gang è fondamentale riscontrare alcune caratteristiche

– la presenza di un capo

– un leader che guida i componenti e ne indirizza l’azione,

– la presenza di propri simboli caratterizzanti (quali i linguaggi, l’abbigliamento o i tatuaggi).  

La presenza femminile, finora minoritaria, appare comunque in ascesa.

Il fenomeno baby gang, come aggregazione giovanile al fine di commettere reati, nasce negli Stati Uniti tra gli anni cinquanta e settanta, ma già alcuni anni dopo la Grande Depressione, nel 1927, col titolo “The baby gang”, Thrasher F. e Short J. F., pubblicando il primo studio sul tema delle bande giovanili, con riferimento alla situazione di Chicago ove, in zone ben definite quali i margini suburbani, le bande trovano un ambiente favorevole per le loro attività e la loro vita segnata dal disordine e dalla povertà.

Il fenomeno delle gang giovanili nasce negli “slums”, i quartieri più poveri e degradati delle grandi città americane, che, causando un forte senso di disagio sociale ed urbano, unito a modelli di vita culturali devianti ed instabilità familiare, determinano il carattere di questi gruppi ribelli, capaci di compensare i conflitti e placare le paure dei singoli soggetti attraverso il coinvolgimento nel gruppo, ove esiste un capo, una ideologia, la possibilità di avere denaro con cui soddisfare le proprie necessità, non solo quelle primarie, ed i propri desideri. I minori che vivono in tali aree, caratterizzate dalla presenza di bande godono di maggiore libertà e minori restrizioni rispetto ai ragazzi “normali” che abitano le aree residenziali.

In Italia la comparsa delle baby gang si presenta, anche se in modo contenuto rispetto all’America e ad altri paesi europei, a partire dagli anni cinquanta ma la realtà italiana non offre, fino agli anni novanta, vere e proprie baby gang, per la mancanza degli elementi caratteristici di queste ultime.

E’ solo con l’arrivo dell’immigrazione di massa, a partire dagli anni novanta che, dapprima a Genova e a seguire nelle altre grandi città, vanno formandosi gruppi di adolescenti che, generalmente caratterizzati dal vincolo etnico, iniziano a commettere in banda organizzata reati di microcriminalità.

Salvo casi sporadici, ultimo quello di pochi anni fa,  ha portato dopo oltre due anni di indagini all’arresto di venticinque componenti (di cui sette minorenni) di una banda di Latinos responsabili secondo gli inquirenti milanesi di vari reati quale associazione per delinquere, tentato omicidio, rapina, lesioni, porto abusivo di armi da fuoco e da punta e taglio (con il sequestro, tra l’altro, di coltelli e quattro machete utilizzati nelle spedizioni punitive).


Oggi, non manca il supporto della tecnologia e della condivisione che aumenta la portata e purtroppo alimenta gli animi.

Il ricercare la popolarità rappresenta sicuramente un’ulteriore sfida che fa sentire i giovani ancora più potenti. Si ha l’esempio che diverse aggressioni sono state rigorosamente riprese con gli smartphone e condivisi sui social-network.

Ormai le gang si sono digitalizzate e utilizzano i canali social per rendere pubblico il loro operato, anche come sfida aperta alle autorità e per essere rinforzati dai “mi piace” della rete che li rendono ancora più onnipotenti.  

Dott.ssa Valentina Campoli

Assistente Sociale a Roma

email: campolivalentina15@gmail.com

Per Approfondire:

– Andreoli V. (2021) ” Baby gang Il volto drammatico dell’adolescenza”, Ed. Rizzoli

– Murzio A. (2018) “Educati alla violenza. Storie di bullismo e baby gang” , Imprimatur

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