Educazione popolare. Le scuole popolari: strumenti di coscientizzazione

“Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo, gli uomini si educano insieme, con la mediazione  del mondo”                (Paulo Freire)

L’idea di questo articolo nasce pochi giorni fa quando, per lavoro, sono andata a far visita ad una delle scuole popolari presenti sul territorio di Roma, un centro di aggregazione giovanile, uno spazio per i giovani del quartiere e non solo.

Un luogo dove non esistono differenze, un luogo in cui è garantito l’accesso alla cultura e all’arte, poiché considerato “diritto di tutti”. Un luogo di incontro tra ragazzi di estrazione sociale differente. Infatti in questo centro, che propone occasioni di formazione in vari ambiti (la musica, il ballo e l’arte in generale) ad un livello qualitativo elevato e in maniera del tutto gratuita, troviamo ragazzi provenienti da famiglie benestanti e ragazzi in condizioni socio economiche precarie.

La scuola popolare rappresenta uno degli approcci e modelli educativi, formativi e sociali fondati sulla partecipazione attiva dei soggetti coinvolti alla costruzione della propria conoscenza. Nascono in luoghi dove spesso le condizioni di vita sono difficili, come nelle periferie o nei quartieri definiti problematici o ancora nelle zone in cui vi è una più alta concentrazione di persone straniere.

Tale approccio trae le proprie origini in alcune prospettive pedagogiche tra le quali è di particolare importanza il contributo del pedagogista brasiliano Paulo Freire (Recife, 1921- San Paolo, 1997).

Infatti Freire negli anni sessanta del Novecento diede avvio nel Nord Est del Brasile ad un percorso di alfabetizzazione dei contadini, l’idea era quella di imparare loro a leggere e scrivere ponendosi un unico e grande obiettivo: risvegliare le loro coscienze.

Ma in che modo alfabetizzare gli adulti? Non come i bambini, sarebbe stato troppo umiliante! Era importante ricercare dei metodi differenti. A tal proposito Freire mise a punto un particolare metodo psico-sociale, rivoluzionario che mirava a creare una relazione paritetica tra educatore e discente. In questo caso l’educazione si pone in antitesi con quella tradizionale, non è infatti “depositaria”, nel senso che la conoscenza non viene depositata in chi deve imparare, piuttosto diventa un “problema” per il soggetto che la deve costruire, una questione da affrontare in senso critico, non da soli ma attraverso il dialogo tra chi insegna e chi impara. E’ per questa ragione che Freire definisce questo tipo di educazione “problematizzante” e “dialogica”.

Così facendo, nel 1967 in quarantacinque giorni vennero alfabetizzati trecento tagliatori di canna da zucchero. Fu un risultato sorprendente e in poco tempo nacquero più di ventimila nuclei di alfabetizzazione in tutto il paese.

Questa esperienza mirava ad una finalità più ampia, politica: alfabetizzare gli adulti significava far conquistare loro il diritto al voto.

Inoltre, tramite l’educazione Freire mirava ad una “coscientizzazione”. Egli riteneva che anche nelle società altamente modernizzate dal punto di vista capitalista, come ad esempio l’America, emerge tutt’ora la presenza di una classe dominante e una classe dominata, una cultura dominante e una cultura dominata, per dirla con le sue parole ci si trova di fronte alla dialettica oppresso – oppressore. In questo caso,                 lo sviluppo di una coscienza critica e quindi la coscientizzazione produce esiti di umanizzazione, sia in chi è oppresso, sia in chi esercita oppressione su altri. 

Le scuole popolari quindi diventano degli importanti strumenti di coscientizzazione e di inclusione sociale, soprattutto di soggetti a rischio di esclusione sociale. Vale tanto per  bambini e adolescenti poiché attraverso le scuole popolari si sensibilizzano i ragazzi sul loro diritto allo studio, quanto per gli adulti, pensiamo agli stranieri che riescono in tal modo e in maniera del tutto gratuita ad imparare la lingua italiana e ad ottenere una certificazione. La lingua che viene a costituire un elemento di integrazione.

Anche in questo caso è doveroso fare riferimento al momento storico che stiamo attraversando. Oggi più che mai comprendiamo l’importanza dell’educazione e, perché no, dell’educazione popolare. Come in tutti gli ambiti, anche nelle scuole per via del Covid -19, tante delle attività sono state sospese o ripensate. Ma pensiamo quanto sia importante avere uno spazio informale dove un ragazzo possa andare nel pomeriggio e confrontarsi con altre persone o semplicemente avere a disposizione uno strumento tecnologico che gli permetta di studiare?

“L’educazione è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo”.
(Nelson Mandela)

Dott.ssa Lucia Sarandrea

Assistente Sociale Roma

lucia.sarandrea@hotmail.it

Per Approfondire:

  • Marco Catarci. La pedagogia della liberazione di Paulo Freire. Educazione, intercultura e cambiamento sociale. 2018. Franco Angeli Editore
  • Paulo Freire. La pedagogia degli oppressi. 2018. EGA-Edizioni Gruppo Abele

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