Sull’Arteterapia. L’emersione del non-detto nel processo artistico
Nell’epoca attuale, l’arte, in tutte le sue sfumature viene considerata come un elemento marginale della società, un qualcosa di non produttivo che non merita la giusta attenzione ed il giusto investimento, sia economico che espressivo e personale.
Eppure il processo artistico, come modalità comunicativa di stati del sé è di gran lunga antecedente al linguaggio e, dunque, alla nostra capacità di esprimere in parole concetti astratti o preverbali. È proprio mediante l’utilizzo del mediatore artistico che l’essere umano si è, per la prima volta, interfacciato con la propria capacità di simbolizzare e di rappresentare o rievocare un’immagine ideica senza necessariamente la presenza dell’oggetto rappresentato. Ne è ben consapevole chi si occupa di arte preistorica, gli archeologi. L’uomo delle caverne non sapeva leggere né scrivere, né tantomeno utilizzare un idioma condiviso da un’intera tribù. Però voleva ugualmente esprimersi, quindi ha “inventato” il disegno. L’arte preistorica si basa proprio su disegni e figure scolpite, i graffiti.
Questa sensazionale scoperta, conferma ciò che ancora oggi siamo in grado di vedere nei bambini, e nella loro capacità di esprimersi mediante creazioni artistiche, nonostante non siamo ancora capaci di parlare, ossia che il processo artistico rappresenta una capacità dell’essere umano in grado di rappresentare concetti ed elementi preverbali, in un modo diverso, più in sintonia con il corporeo, a differenza del linguaggio che, in larga misura, esclude il coinvolgimento corporeo dalla rappresentazione del sé coinvolgendo più la funzione mentale. E dunque, con il tempo, l’essere umano si è illuso rispetto alla convinzione del mentale che definisce il corpo, ma nella realtà è il corpo che crea ed alimenta costantemente il mentale, mediante le proprie percezioni emotive che riempiono e vitalizzano la mente.
È in questo contesto che si inserisce l’arteterapia, ossia una tecnica con risvolti terapeutici che utilizza il mediatore artistico per finalità di cura.
L’arteterapia si basa sul presupposto che mediante il processo artistico, la persona sia in grado di far emergere e proiettare sul prodotto finale, i propri non-detti, ossia le proprie istanze e tematiche inconsce, preverbali che caratterizzano la vita della persona in quel momento. Nell’arteterapia non è necessario essere artisti o saper far qualcosa e il prodotto finale, artistico, non è di fondamentale importanza.
Ciò su cui si concentra l’arteterapia è il processo artistico, ossia il coinvolgimento corporeo della persona mentre crea: possiamo, dunque, imbatterci in nostri continui blocchi quando abbiamo a che fare con lavori che richiedono l’utilizzo del caos o, al contrario, provare un forte senso di frustrazione nell’uso di una cornice, oppure l’angoscia nello sporcarsi le mani che rievoca vecchie inibizioni genitoriali o la paura di non fare una bella opera potrebbe farci interfacciare con il nostro censuratore interno. Capiamo, quindi, che nell’arteterapia l’opera perde di valore, rinunciamo al feticcio della possessività oggettuale per abbandonarci ad un ascolto più profondo. Nell’arteterapia è proprio l’utilizzo dei materiali e del tipo di dispositivo (la consegna) che ci indica come quella determinata persona si interfaccia ad una determinata tematica.
L’arteterapeuta non deve dare alcuna interpretazione del lavoro finito, piuttosto invita a riflettere sui propri vissuti interni e su quali nuove riflessioni ha potuto generare un determinato lavoro. Ad esempio se in un dispositivo di arteterapia si invita ad utilizzare fili e ricami, potremmo imbatterci in una persona che presenta un suo lavoro pieno di fili che si intrecciano, creano nodi e ingorghi difficili da districare, dove non è più possibile vedere l’inizio e la fine, e lo stesso creatore dell’opera potrebbe dirci “ Sa… quest’opera mi fa venire in mente il mio modo di intrattenere le varie relazioni, il mio bisogno di essere riconosciuto dall’altro mi porta a rimanere annodato a persone di cui non mi interessa più nulla, a ingorgare la mia vita con i nodi dell’altro e a non riuscire a sbrogliare le mie matasse.”
È esattamente questa tipologia di riflessione che l’arteterapeuta dovrebbe raccogliere, per attivare sempre di più la capacità dell’individuo di stare col proprio non detto, con l’indefinito, che altro non è che l’inconscio, il preverbale ed il corporeo.
Capiamo allora che l’arte ci riempie, ci rappresenta ed è simbolo dell’essere umano in quanto persona vivente in grado di sentire sé stesso. L’arte dunque, è esattamente la massima espressione di produttività del sé.
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Per Approfondire:
– Laura Grignoli. Fare e pensare l’arteterapia. Metodi di conduzione dei laboratori esperienziali; Franco Angeli Editore, 2014
– Laura Grignoli. Il corpo e le sue gest-azioni. L’arteterapia psicodinamica al tempo delle neuroscienze; Franco Angeli Editore, 2019