Psycho e altri film. Riflessioni sul tema dell’identità
Uno dei momenti migliori di questa quarantena è stato immergersi nella filmografia hitchcokiana (ai lettori più attenti non sfuggirà che questo è stato anche un suggerimento proposto dal Sigaro nel periodo di lockdown). Lo ammetto, ho passato gran parte delle mie serate guardando i suoi film e commentandoli in un cineforum più o meno interiore prima di andare a dormire. La consistenza, la forza viva dei suoi personaggi lasciano un segno; nonostante la loro potenza, la loro vitalità sono tuttavia immersi in uno spazio di dormiveglia, un onirico che però è lucido e trasporta dentro lo spettatore.
C’è un tema ricorrente tra questa vitalità dei personaggi, che da addetta ai lavori, non potevo non considerare; è il tema dell’identità. Qualcuno potrebbe dire “sai che novità”, pensando alla salienza che ha assunto la tematica nel 900; tuttavia il grande registro lo svuota di qualunquismi e di boriose banalità e lo porta sulla scena nutrito di originalità e si significati sempre nuovi.
Facciamo un piccolo passo indietro. Cosa significa identità? Il termine deriva dal latino identitas-atis, “medesimo”; riferito a persona significa l’essere quello e non un altro. Se si parla di identità psicologica ci riferiamo al senso e alla consapevolezza di sé come entità distinta dalle altre e continua nel tempo (per ulteriori approfondimenti si rimanda all’ articolo IDENTITA’: COME SI RISPONDE ALLA DOMANDA CHI SEI). L’identità è una conquista, a mio avviso è un tema centrale e imprescindibile per il trattamento di qualsiasi tipo di disturbo psicopatologico e percorso psicoterapico; è il centro del senso di sé, del proprio corpo e se vogliamo delle relazione con gli altri e con il mondo. E se questo senso si dovesse alterare? Che effetto potrebbe avere su di noi la perdita dei tasselli della nostra struttura identitaria? Possiamo sostituirci ad altre persone o essere sostituiti?
Questi sono i temi che Hitchcock porta sapientemente sul piatto dello spettatore e quello con il palato più sopraffino non può non fare a meno di gustarseli piacevolmente ma con pacatezza, arrivando alla fine sazio ma con uno spazietto per il dessert.
Nel film IO TI SALVERO’ del 1945 il giovane Gregory peck affronta una confusione identitaria a causa della propria amnesia, e con mille vicessitudini riesce a riacquistare il senso di sé grazie all’aiuto della dottoressa interpretata da Ingrid Bergman. Il tema identitario è forte e pregnante in “LA DONNA CHE VISSE DUE VOLTE” del 1958; Judy che diventa Madeleine, Madeleine che diventa Judy. Entrambe alla fine condividono la stessa sorte; lo scambio è quasi fusionale. Di chi si innamora veramente Scottie? Più sottile e sfumata è la questione in Rebecca “la prima moglie” del 1940. Imitare la vecchia signora Winter o costruire una nuova identità, un nuovo oggetto d’amore ex novo? Ma veniamo al film dove questo tema si fa più denso, prendendo più risvolti, lasciando lo spettatore sospeso fino al famigerato dessert.
Si, il film è Psycho, inutile definirlo un capolavoro per la finezza e l’abilità con cui è tessuta la trama. Qui la questione si muove su due piani a mio avviso, forse anche su tre. La figura chiave è indubbiamente Norman, il giovane proprietario del motel dove si rifugia la sprovveduta Marion. Norman e la figura della madre si confondono, si scambiano di continuo. La figura della madre è sempre presente, è ricreata da Norman per sopportare la sua morte e per il fatto che sia stato proprio lui a ucciderla; probabilmente per gelosia morbosa dopo la scoperta della relazione della donna con un altro uomo (anche se questo è solo un “dietro le quinte”). Inoltre è tramite la madre che Norman compie i suoi delitti efferati; anche qui il ragazzo “sfrutta” la figura della madre e la nutre, scindendoli da lui, dei suoi desideri sessuali proibiti e della sua aggressività. E indovinate come si chiama la madre? Si si chiama Norma…un perfetto prolungamento. Signori e signore il registra mette sulla scena, in maniera sublime, e meglio di qualsiasi manuale diagnostico un disturbo dissociativo dell’identità. Secondo il DSM-V le principali caratteristiche di questo disturbo sono la presenza di due o più identità distinte che comportano una compromissione del senso di sé, della coscienza, della cognizione, della memoria e delle funzioni senso-motorie. Inoltre, sono presenti lacune ricorrenti nel richiamo di eventi quotidiani, informazioni personali importanti e/o eventi traumatici.
L’altro aspetto sul tema identitario, forse più offuscato, riguarda la figura di Marion. La ragazza che compare all’inizio, molto carina, che ruba i soldi dal suo lavoro e scappando trova anche la sua condanna. Ma chi è Marion? Qual’ è la sua vera storia? Qualcosa di lei si percepisce nel lugubre dialogo tra gli uccelli impagliati ma il resto scivola nel foro della vasca insieme al suo sangue. Lei è l’identità che sfugge allo spettatore troppo preso da quella, anzi da quelle straripanti di Norman
Ora vi sentite confusi? Ci sono troppe identità confondenti colte forse solo dalla lettura…non vi resta quindi che guardarvi anzi gustarvi il film.
Psicologa e psicoterapeuta in formazione
Per Approfondire:
DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Cortina Raffaello editore, 2014.
FILMOGRAFIA:
Alfred Hitchcock, IO TI SALVERO’, 1945.
Alfred Hitchcock, LA DONNA CHE VISSE DUE VOLTE,1958.
Alfred Hitchcock, REBECCA LA PRIMA MOGLIE, 1940.
Alfred Hitchcock,PSYCHO,1960.