Rinascere dalle proprie ceneri. La resilienza nelle persone
Molti già conosceranno il mito della Fenice. Volatile in grado di controllare il fuoco e di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte. I primi a raffigurare il mito della fenice sono stati gli egizi, poi, l’uccello dalla grande saggezza e dalle lacrime curative è entrato a far parte dei miti greci e di molte popolazioni orientali.
In particolare in Cina, il termine fenice viene tradotto come Feng Huang ed inizialmente stava a rappresentare non uno, ma due uccelli, uno maschio(feng) ed uno femmina(huang) ed insieme andavano ad ampliare la metafora dello Yin e dello Yang.
Feng huang e Yin e Yang, quindi, come dualità che armonizza ogni cosa.
Il mito della fenice spesso viene associato alla resilienza richiesta all’essere umano per fronteggiare un lutto o qualsiasi forma di trauma.
Jung nel suo libro “simboli della trasformazione” risalta la somiglianza tra il volatile e l’essere umano
“Questa emblematica creatura di fuoco, in grado di risorgere maestosamente dalle ceneri della sua stessa distruzione, simboleggia anche il potere della resilienza, l’ineguagliabile abilità di rinascere molto più forti, coraggiosi e luminosi.”
La resilienza è la forza di contrastare con un alto livello di emotività positiva i momenti fortemente negativi. Per questo occorre avere elasticità, ovvero la capacità di flettersi (“morire”, diventare cenere) per poi tornare allo stato originario modificato (rinascere più forti e consapevoli). Tutte le persone sperimentano lutti o emozioni negative, la differenza sta nel come li si affrontano.
Lee Cori usa la metafora del fiume bloccato per descrivere gli stati traumatici: “Quando l’acqua non scorre liberamente, disturba il sistema vitale del fiume. Le parti che sono bloccate diventano affamate di vita (assenza di acqua), mentre quelle che sono inondate sono a rischio in un altro modo (eccesso di acqua). Senza il normale movimento, l’acqua poi diventa stagnante. Lo stesso accade con il trauma. Parti di noi sono bloccate, altre inondate. La nostra energia vitale diventa disturbata e non abbiamo più il sostegno per crescere e stare bene. Quando siamo bloccati in questo modo, la nostra energia si congestiona e la nostra coscienza diventa torbida.
Se riusciamo a liberare il fiume dagli ostacoli e permettere al flusso d’acqua di scorrere nuovamente, possiamo riprendere la nostra vitalità. Questo recupero di energia e benessere è quello che vuol dire essere resilienti.”
Anche Annalisa, nota cantautrice italiana, nella sua “Superare” risalta le difficoltà degli ostacoli e delle incertezze, ma anche la necessità di superarli, attraverso la presa di coscienza e gli abbracci.
Perché in questa vita noi cerchiamo un senso
Che non si può trovare
È per questo che riusciamo ogni volta
A superare gli ostacoli che la notte ci fanno sentire soli
E tutte quelle incertezze che nascondiamo
Per provare a sentirci migliori
Superare l’inverno, superare lo spazio ed il tempo
Abbracciarsi e restare in eterno
E pensa a quante volte ce ne stiamo fermi in strada ad aspettare
Che arrivi qualcosa che ci salvi mentre noi sognamo il mare
Perché in questa vita noi cerchiamo un senso
Che non si può trovare
È per questo che riusciamo ogni volta a superare
Tutto, riusciamo a superare, riusciamo a superare, a superare
Secondo Roger Solomon ci sono due concetti importanti che servono per affrontare con resilienza un trauma. Il primo concetto è quello di impegno: io sono importante, io conto, io valgo, la mia vita è importante. E proprio partendo da questi assunti di base, io potrò impegnarmi per affrontare e gestire il problema. Il secondo invece è il controllo: io mi riconosco la capacità di influenzare la situazione, in senso positivo così come in senso negativo.
Solomon ci invita a fare un piccolo esercizio: pensiamo alla situazione attuale, a quale sia la sua parte peggiore. E adesso pensiamo a tre o quattro modi in cui potremmo peggiorare la situazione. E poi pensiamo invece a altrettanti modi attraverso i quali potremmo renderla migliore. E magari qualche idea potrebbe uscire. A volte focalizzarci sul peggio può fare emergere in automatico ciò che invece può aiutarci a migliorare. Molti di noi si sentono impotenti e vulnerabili, e questo è parte costitutiva del concetto di trauma. Ci sono cose che accadono sulle quali non abbiamo controllo, ma quello che possiamo fare e focalizzarci sul controllo che invece abbiamo, per esempio avere una routine, degli impegni programmati. Vivere un giorno alla volta aiuta moltissimo. Pianifichiamo pure qualcosa per domani, ma il nostro impegno deve rimanere principalmente sull’affrontare la giornata di oggi. Inoltre è importante non perdere i contatti con gli affetti. L’essere umano è programmato per attaccarsi agli altri quando si trova in difficoltà o sotto stress. Condividere con gli altri ci aiuta ad elaborare quanto accaduto e ci prepara a risorgere.
L’uomo che si alza è ancora più forte di quello che non è mai caduto
(Viktor Frankl)
Come detto, la differenza nella reazione al trauma sta nel come lo si affronta e questo è strettamente correlato al carattere e agli schemi psichici della persona che lo ha subito. Sta a quest’ultima scegliere se rialzarsi e riprendere in mano la propria vita o rimanere a crogiolarsi nella sofferenza e abbattersi.
Prima della rinascita, anche la persona con il maggior grado di resilienza dovrà attraversare un periodo buio, la “morte”. Affrontare un momento traumatico è come morire un po’; abbandoniamo una parte di noi che non tornerà più, o almeno, non sarà mai uguale a prima.
Jung, infatti, propone la similitudine tra l’essere umano e la fenice perché anche questa muore, permette che si verifichino le condizioni che la porteranno alla morte, sapendo che dalle sue ceneri rinascerà una sé stessa più forte.
Ecco appunto l’accettazione e la consapevolezza che ci sarà una fine, che si dovrà lasciare una parte di noi alle ceneri e da lì ricostruirsi, infatti, queste ceneri non verranno disperse, anzi, saranno parte della rinascita, della creazione di una persona che potrebbe essere fonte di ispirazione per gli altri ma che, prima di tutto, saprà andare avanti a testa alta e con le ali ben aperte.
In sostanza l’essere resilienti è ciò che ci permette di non farci bloccare da un trauma o da una sofferenza. E’ ciò che permette alla nostra persona di andare avanti e vivere la vita come meritiamo, senza dover rimanere ancorati ad una sofferenza, che nella maggior parte dei casi non è nemmeno dovuta a nostri comportamenti.
Dott.Diego Bonifazi
Assistente Sociale a Roma
tel. (+39) 3296614580
Per Approfondire
Lee Cori, J. (2008). Healing from Trauma. A Survivor’s Guide to Understanding Your Symptoms and Reclaiming Your Life. Da Capo Press
Cecilia Pompei – Roger Solomon e la resilienza www.ceciliapompei.it
Carl Gustav Jung (2012) Simboli della trasformazione. Bollati Boringhieri
Annalisa – Superare