Cura e affetto nell’infanzia. L’importanza delle coccole

Le carezze di un genitore hanno il potere di confortare un bambino, di sollevarlo da uno stato di angoscia o agitazione. Sebbene la funzione evolutiva fondamentale delle coccole sia intuibile, la conferma della loro importanza da un punto di vista scientifico è recente.

Lo stimolo di una carezza su di un braccio arriva al cervello grazie alle fibre C-tattili, un gruppo di fibre nervose collocate nel corpo che trasmettono il segnale al cervello di stimoli tattili lenti e delicati, alla velocità ottimale di 4-5 centimetri al secondo. Questo gruppo di nervi sono collocati solo dove servono, ovvero in particolare su schiena, braccia e gambe, in generale su quelle parti del corpo che non hanno il dovere di monitorale i pericoli provenienti dall’ambiente esterno e che non rischiano di essere distratte quindi dal loro compito e dal funzionamento dei nocicettori, le fibre che percepiscono gli stimoli dolorosi. Le fibre C tattili sono indispensabili nella mediazione dell’affetto che si accompagna a tali carezze e ci stimolano a prenderci cura di noi stessi. Sono fibre sensibili alle temperature, alla velocità, lasciandoci intuire che le coccole hanno la giusta temperatura (32°) e la giusta durata. . La scoperta è di un gruppo di neuroscienziati capeggiato da Francis McGlone dell’azienda britannica Unilever, in collaborazione con l’Università svedese di Gothenburg e l’Università Usa del Nord Carolina. “La scoperta di queste fibre – conclude McGlone – getta infatti un’affascinante luce sul perché trascorriamo così tanto tempo prendendoci cura del nostro corpo con massaggi, lozioni e creme da stendere sulla cute. Oltre all’indubbio beneficio fisico, la verità è che proviamo piacere da quest’azione”.

Questa capacità e azione di cura, mediata primariamente dalla madre al piccolo, è condivisa da tutte quelle specie che crescono la prole e che attuano il grooming, l’azione del pulirsi dai parassiti tipica dei primati. Toccare il bambino con carezze e coccole è una delle prime modalità con cui i caregiver si occupano del proprio bambino, ma è anche un modo in cui entrano in relazione con lui, e comunicano in senso triadico. Il tocco è l’unico senso che funziona in termini bidirezionali, generando una vera e propria intercorporeità. Il confine del corpo del bambino, in particolare dalla nascita ai primi sei mesi di sviluppo, lasso di tempo definito di esogestazione, ovvero di gravidanza che prosegue fuori dal corpo della mamma, si definisce grazie al contatto fisico con il corpo della madre. È il corpo della mamma a definire il confine del corpo del bambino, partendo dall’iniziale simbiosi della gravidanza per procedere a una graduale separazione e individuazione. Il contatto tra adulto e bambino, in particolare le carezze, favoriscono il benessere del bambino e stimolano la sua ricettività verso gli stimoli esterni. In particolare gioca un ruolo fondamentale nella regolazione delle emozioni del bambino. Inizialmente il bambino deve essere sempre regolato dal caregiver rispetto alle emozioni che prova, grazie a forme di accudimento primario come l’allattamento e il contenimento fisico.

Grazie all’elaborazione dei segnali interni ed esterni che arrivano al cervello dagli organi effettori elaboriamo la percezione del corpo, in particolare grazie al lavoro di integrazione che svolge l’insula. In termini psicodinamici la carezza del genitore contribuisce alla costruzione del senso di identità del bambino, in termini corporei e psichici, creando le basi di un rapporto sicuro e positivo con il mondo esterno e con il contenitore primario, ovvero la madre, inteso come funzione di rèverie mentale e di funzione fisica di holding. Per rèverie si intende “quella capacità che le madri hanno di sognare insieme al loro bambino: stare con lui accogliendolo senza giudizi, tranquillizzarlo quando ha paura bonificando le sue emozioni negative”, fare da traduttrice affinché i messaggi e ogni forma di comunicazione del bambino acquisiscano un significato che valga sia per il mondo esterno che per quello interno al bambino. Il concetto di holding si deve allo psicoanalista inglese Donal Winnicott il quale ha utilizzato questo termine, dalla doppia valenza, concreta e intrapsichica, per definire la capacità della mamma di essere il contenitore delle angosce del proprio piccolo.

Questa madre sufficientemente buona che sa quando proporsi al bambino per accudirlo e amarlo e quando invece ritirarsi lasciando il bambino esplorare e differenziarsi da lei. Questa esperienza è fondamentale per lo sviluppo dell’individuo, e può situarsi solamente all’interno di uno spazio fisico e psichico (uno holding environment) che possa permetterlo. La madre e successivamente i due caregiver costituiscono l’ambiente fondamentale di sviluppo del bambino e concorrono al suo sano sviluppo psichico, emotivo e fisico. Grazie alle ficre C-tattili questa presenza si trasforma in segnali fondamentali per il cervello per la costruzione del legame affettivo e la costituzione del senso di identità interno del bambino.  

Dott.ssa Valeria Colasanti

Psicologa, Psicoterapeuta e Psico-Oncologa

Riceve su appuntamento a Roma, tel. (+39) 3488197748

mail. colasantivaleria@gmail.com 

Per Approfondire

Spinal signalling of C-fiber mediated pleasant touch in humans Andrew G MarshallManohar L SharmaKate MarleyHakan OlaussonFrancis P McGlone, eLife 2019;8:e51642 eLife 2019;8:e51642 eLife2019;8 e51642 doi: 10.7554/eLife.51642

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