Come proteggiamo i bambini dal lutto? La verità e altri rimedi

Nel pensiero collettivo occidentale sono spesso condivisi degli stereotipi sui bambini e sulla loro incapacità di comprendere e di affrontare gli eventi legati alla morte di una persona cara che influenzano profondamente il modo di gestire l’accompagnamento del bambino all’esperienza della perdita. Queste credenze hanno come focus l’idea che di fronte alla morte il bambino vada estremamente protetto e quindi tenuto fuori da informazioni, esperienze, riti e condivisioni emotive per potergli risparmiare la sofferenza del distacco.

Questa diffusissima modalità di tenere “fuori dal lutto” il bambino ha come scopo, da parte degli adulti che la mettono in atto, quello di gestire al meglio la situazione e di aiutare il piccolo in un momento tanto delicato. È importante però riflettere sulle reali esigenze psicologiche del bambino in tali circostanze e sulla natura delle nostre paure senza però colpevolizzare l’adulto in difficoltà.

Il processo del lutto con i bambini e gli adolescenti è un lavoro volto all’integrazione dei vissuti e delle memorie legate alla persona defunta e al rapporto con essa tramite la partecipazione all’evento, il contenimento degli stati emotivi, l’espressione dei vissuti legati al dolore, alla rabbia, alla paura e alla colpa spesso conseguenti alla perdita di una persona cara. Il processo di riadattamento del bambino richiede un tempo adeguato e il rituale con i suoi passaggi. Questa parte rituale è importante perché con questa si può formalizzare il distacco.

Ogni fase può essere accompagnata da una persona adulta di riferimento, che spesso ha bisogno a sua volta di supporto affettivo (questione di fondamentale importanza) soprattutto quando si tratta di un lutto famigliare e quindi anche l’adulto è coinvolto direttamente nell’esperienza della perdita (es. caso dell’adulto che perde il proprio compagno che è anche il genitore del figlio).

L’accompagnamento al lutto è un tema delicato da un punto di vista clinico in quanto la modalità con cui viene affrontato il primo lutto lascia un imprinting nel bambino che riutilizzerà le stesse strategie in futuro quando si troverà di fronte ad esperienze di separazione. Inoltre, un lutto non elaborato, irrisolto, può sfociare in un lutto patologico che è un quadro clinico che può provocare delle conseguenze anche nelle generazioni successive, come se ci fosse una trasmissione intergenerazionale della sofferenza psichica. Tra i fattori protettivi più importanti per prevenire il lutto patologico troviamo un attaccamento sicuro con il genitore defunto; una comunicazione immediata e chiara dell’evento del decesso; la partecipazione del bambino al dolore della perdita insieme alla famiglia e la disponibilità di una figura di riferimento adulta in grado di fornire il giusto supporto.

Rispetto alla comunicazione della morte di una persona cara, nel momento in cui avviene un lutto purtroppo non è possibile attuare tattiche di copertura della realtà con un bambino. Al contrario è utile che la figura più vicina al bambino (spesso un genitore) comunichi l’evento il più presto possibile e dedichi tutto il tempo necessario perché il piccolo possa assimilare la notizia e le sue conseguenze. Nella comunicazione può essere importante fare attenzione al linguaggio non verbale che è il più espressivo ed efficace e riferire le informazioni in modo chiaro evitando che il bambino si faccia false aspettative. La religione è spesso nell’ambito della morte un fattore di estremo supporto per gli adulti. Per i bambini bisogna fare attenzione all’utilizzo di metafore per spiegare ciò che è accaduto (es.: “papà ora non è più qui con noi ma è felice in cielo”) rischiando di creare dei pensieri disfunzionali nel bambino (“voglio morire anche io per andare in cielo da papà”; “papà ha preferito andare in cielo rispetto a stare con me”). In questa fase tra i bisogni più importanti del bambino evidenziamo la possibilità di potersi fidare, di conoscere la verità, di non sentirsi confuso e di non sentirsi solo nella sofferenza. Considerando questi fattori è importante interrogarci su come coinvolgere il bambino in corrispondenza di un lutto in base anche all’età del piccolo.

Infatti, la comprensione del concetto di morte si evolve negli anni. Prima dei cinque anni vi è una difficoltà di distinzione tra realtà e finzione e quindi un po’ come avviene in alcuni cartoni animati si può credere che la persona morta possa vivere di nuovo in un secondo momento (come in un sonno dal quale ci si può svegliare). Tuttavia, anche in questa fascia di età i bambini sono attenti a cogliere nell’ambiente intorno a sé il clima di sofferenza e possono manifestare il disagio attraverso i disturbi del sonno, l’irritabilità e il pianto, gli eccessi di rabbia, la ripetitività nel gioco, il comportamento regressivo. Tra i cinque e i sei anni si inizia a comprendere il concetto di irreversibilità della morte ed è quindi importante supportare il bambino nella comprensione di questo concetto per sciogliere eventuali dubbi e per dar voce (tramite la parola) o forma (tramite il disegno o altre attività) alle proprie emozioni che hanno necessità di emergere. Tra i sette e gli otto anni si chiarisce il significato della morte in quanto il bambino ha a disposizione anche delle nozioni più scientifiche riguardanti le funzioni vitali del corpo. Tra i dodici e i tredici anni la morte è considerata una parte integrante della vita ma questa consapevolezza va a scontrarsi con le fragilità tipiche della pre-adolescenza e dell’adolescenza dove ci si affaccia nel mondo degli adulti senza avere la piena maturità cognitiva e quindi una maggiore difficoltà nella capacità di riflettere sui propri pensieri e di gestire le emozioni. A quest’età può essere presente una fascinazione nei confronti della morte che può essere sfidata a causa dei sentimenti di onnipotenza tipici dell’età e della tendenza alle riflessioni esistenziali sul senso della vita. Non di rado gli adolescenti raccontano di fantasticare sul proprio funerale e sulle reazioni delle persone care di fronte alla propria morte. Quest’immagine rimanda al desiderio del controllo e del potere sull’altro in modo aggressivo che nasconde anche la voglia di sentirsi visti nella propria unicità e autenticità dagli occhi delle persone vicine.

A partire da queste informazioni è possibile comprendere che anche da piccolissimi i bimbi non si fanno sfuggire il clima famigliare e dell’ambiente in cui si trovano, sono attenti a cogliere ciò avviene intorno a loro e quando non ricevono spiegazioni su ciò che percepiscono (guardando le espressioni del volto dei famigliari, sentendo i bisbigli sotto voce, ricevendo le informazioni confuse, osservando il cambiamento della routine) vivono un disagio e reagiscono ad esso in modo più o meno visibile. La mancanza di informazioni viene colmata da interpretazioni personali che possono risultare false e e soprattutto generare confusione e senso di solitudine.

Ogni bambino è unico e reagirà al lutto in base a caratteristiche personali (fattori interni) e al modo in cui l’ambiente risponderà all’evento. In generale, la mancata possibilità di ricordare il defunto (il tabù del ricordo) nel tentativo di evitare di far intristire il bambino, provoca spesso la paura di dimenticare e di perdere quindi il legame con la rappresentazione della persona cara con conseguenti rimuginazioni o stati dissociativi volti a mantenere un contatto con la persona defunta. Questo discorso acquista un significato particolare nel caso della morte di un genitore in quanto rimanere attaccati alla figura genitoriale defunta può essere interpretato come un tentativo da parte del bambino di proteggersi dalla minaccia di disintegrazione del se’. Questo perché la morte di un genitore ha un effetto profondo sul senso di sicurezza personale del bambino che non ha ancora stabilito un senso di Sé autonomo e indipendente dalla protezione del genitore. Infatti, la relazione genitore-bambino nei primi anni di vita modella il senso di sé e quando muore una figura di attaccamento il bambino perde aspetti strutturali della relazione che sono alla base del senso di sé. Per riuscire ad allentare il legame con la persona defunta e a reinvestire maggiormente sul presente e su nuove relazioni  è fondamentale che il bambino abbia modo di essere supportato nel suo ricordo sperimentando i sentimenti associati ad esso. Spesso non si riesce a lasciare andare il dolore per la perdita perché la paura di perdere ricordi della persona amata è associata alla paura di perdere parti di sé che si riconoscono in relazione alla presenza della persona amata.

Oggi gli strumenti psico-educativi utili per aiutare un bambino a fronteggiare il distacco da una persona cara sono molti. Tuttavia sono effettivamente ancora troppo poco diffusi e reperibili all’adulto inesperto che trovandosi in una situazione di emergenza tenderà ad affidarsi alle credenze comuni oppure alle proprie strategie difensive abituali in modo da tentare di garantire il massimo aiuto al piccolo.

In generale è importante riflettere sull’impossibilità di proteggere un bambino dall’esperienza della morte, ma sulla grande possibilità che come adulti abbiamo di accompagnarlo nel suo complesso percorso di riorientamento rispetto alla persona cara defunta, rispetto a se stesso e rispetto al mondo esterno.

È possibile che dietro alla protezione di un piccolo si nasconda il desiderio di proteggere noi adulti dal dover supportare oltre che il nostro anche il dolore di un bambino?

Dott.ssa Clarissa Cavallina

Psicologa, PhD

clarissa.cavallina@gmail.com

Per Approfondire

  • Bowlby, John. “Attaccamento e perdita, vol. 3: La perdita della madre.” Tr. it. Boringhieri, Torino (1983).
  • Verardo Anna Rita, Russo R., “Tu non ci sei più e io mi sento giù”, Associazione EMDR Italia ,2006
  • Verardo, Anna Rita. Attaccamento traumatico: il ritorno alla sicurezza: il contributo dell’EMDR nei traumi dell’attaccamento in età evolutiva. Giovanni Fioriti Editore, 2016.
  • Onofri, Antonio, et al. Il lutto: psicoterapia cognitivo-evoluzionista e EMDR. G. Fioriti, 2015.

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