Il paradosso comunicativo dell’immagine dell’Io. La società dei Selfie

conscio di chi parla una nuova lingua

“Questo corpo moderno, più lo si esibisce, meno esso esiste. Annullato, in misura direttamente proporzionale alla sua esposizione”.

                                                                                                                                                                  Daniel Pennac, Storia di un corpo

Viviamo in una società in cui il sentimento di sé si sta espandendo oltre i confini che ci erano già noti: questo sconfinamento alimenta un bisogno di visibilità sociale che porta spesso a forme di esibizionismo mediatico che favoriscono una sopravvalutazione del proprio essere persona. Per soddisfare questa aspirazione di visibilità, il singolo individuo ricorre ai social media e diffonde attraverso Internet i propri contenuti di testo, le proprie immagini o video. Il Web è diventato per tutti un amplificatore gratuito di contenuti personali e uno strumento per guadagnare notorietà a buon mercato.

La comunicazione visuale sembra aver preso il sopravvento soprattutto nelle interazioni online dove le immagini hanno in molti casi sostituito il testo che ne è diventato semplice appendice.Tra i fenomeni che caratterizzano l’era contemporanea, permeata di dispositivi elettronici che, negli ultimi decenni, hanno trasformato la sfera interpersonale, il selfie rappresenta il rischio di un processo di spettacolarizzazione degli individui e della società. Questo bisogno di esibire la propria immagine, di lasciare una traccia visibile di sé e di condividere esperienze mediatiche con altri è diventato ormai una cifra comune della società contemporanea a livello globale, tanto che si può parlare di una società dei Selfie, inteso come sistema sociale in cui è cresciuto il bisogno di autoaffermazione, il culto di sé stessi e della propria immagine. Il selfie è, oggi più che mai, la moderna consapevolezza della nostra essenza: è diventato uno strumento di narrazione in uno spazio di comunicazione sempre più frenetico e immersivo. Le fotografie sono capaci di trasmettere emozioni in un modo immediato più semplice del testo e hanno il potere di scatenare nell’osservatore risposte viscerali, inconsce ed emotive. Il selfie è diventato il canale di comunicazione del racconto del Sé: esso fonde insieme l’estetica dell’autoritratto del passato alla funzione sociale della comunicazione online incarnando la necessità di immediatezza e trasparenza tipiche dell’epoca contemporanea.

Se la fotografia in passato era un evento particolare cui si rivolgeva attenzione solo nelle occasioni importanti e significative, oggi bisogna prendere coscienza del fatto che la fotografia è semplice vita quotidiana. La tecnologia ha trasformato il racconto di Sé in un’immagine fotografica ancora più aderente alla liquidità propria dell’identità, che viaggia su piattaforme digitali di condivisione e rappresenta non solo il soggetto protagonista del selfie ma anche la sua volontà di mostrarsi. La tendenza alla vetrinizzazione, secondo Codeluppi, deriva dalla necessità dell’individuo contemporaneo di creare e gestire la propria identità: attraverso la pubblicazione del selfie in internet si cerca una certificazione pubblica della propria esistenza all’interno del web. Se da un lato il selfie può sembrare una risposta all’esigenza di dare consistenza a sé stessi, di non essere fantasmi, dall’altro queste immagini contribuiscono a rendere l’individuo sempre più fantasmatico.

C’è la ricerca di una conferma della propria identità, c’è il bisogno di piacere agli altri e di sentirsi in qualche modo speciali, di fare parte di un mondo di eletti che fanno cose importanti per qualcuno che le commenta a distanza, perché altrimenti si avrebbe la spiacevole sensazione non solo di restare nel solito anonimato, ma soprattutto di non esistere per gli altri e per il mondo. Spesso però l’immagine che rimandiamo agli altri non è reale ma lo si fa a discapito di una vera autenticità pur di avere la tanto desiderata approvazione altrui. Si perde la propria individualità e si tende ad assumere un’identità collettiva, ci si omologa a una massa sociale e si adottano comportamenti imitativi che vanificano in parte lo sforzo di mostrare al mondo la presunta unicità. La vita deve essere vissuta prima che osservata, da sé stessi e dagli altri.

“La generazione meglio equipaggiata tecnologicamente di tutta la storia umana è anche la generazione afflitta come nessun’altra da sensazioni di insicurezza di impotenza”.

                                                                                                                                                                                             Zygmunt Bauman

Dott.ssa Francesca Veccia

Riceve su appuntamento a Foggia

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Email: veccia.francesca@libero.it

Per Approfondire

Codeluppo V., Mi metto in vetrina. Selfie, Facebook, Apple, Hello Kitty, Renzi e altre “vetrinizzazioni”. Mimesis, Milano, 2015.

Di Gregorio L., La società dei selfie. Narcisismo e sentimento di sé nell’epoca dello smartphone. Franco Angeli, Milano, 2017.

Freedberg D., Il potere delle immagini. (G. Perini, Trad) Einaudi, Torino, 1989

Tifentale A., (2015). Art of the masses: from Kodak Brownie to Instagram. Networking Knowledge, 8 (6), 4-19.

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