Stalking
Perseguitare Non è Amare
“L’amore non bisogna implorarlo e nemmeno esigerlo.
L’amore deve avere la forza di attingere la certezza in sé stesso.
Allora non sarà trascinato, ma trascinerà.”
(Hermann Hesse)
Si definisce stalking l’insieme di comportamenti aggressivi e ripetuti ai danni di un’altra persona che si concretizzano in tentativi di interazioni non volute, avvicinamento fisico e pedinamenti tali da ingenerare nella vittima sensazioni di pericolo per la propria sicurezza.
Dal 2009, in Italia, i comportamenti di stalking si configurano quali veri e propri reati, grazie all’introduzione dell’art.612 bis nel codice penale che detta disposizioni in materia di atti persecutori e che offre un’importante, se non esaustiva, risposta legislativa in difesa del crescente numero di donne vittime di violenza.
Il dato allarmante, infatti, che apre scenari di riflessione sulle dimensioni biologiche, sociali e culturali delle differenze di genere, è che quasi la totalità delle vittime di stalking (l’85-90%) risulta essere una donna, anche se, negli ultimi anni i centri anti-stalking registrano un crescendo di testimonianze e di richieste di aiuto di vittime di sesso maschile (per maggiori approfondimenti si rimanda all’articolo “Gli Uomini vittime di Stalking- Soffi di voce nel Caos”),
Il termine “stalking” deriva dall’inglese to stalk, che significa letteralmente “fare la posta” nel gergo usato dai cacciatori. Negli anni il termine ha assunto una pluralità di significati, tra i quali “assillare”, “inseguire”, “molestare”, “braccare”, ed in senso più lato “disturbare”, “perseguitare”, “fare qualcosa di nascosto, cioè coperto da qualcuno o qualcosa”.
Viene impiegato per la prima volta dai media statunitensi per descrivere i pedinamenti e le intrusioni avvenuti negli anni ‘80 ai danni di personaggi famosi del mondo dello spettacolo e dello sport americano. Questi primi esempi di stalking, denominati star-stalking, interessarono l’opinione pubblica alimentando le curiosità ed il desiderio di gossip nella popolazione; ma il verificarsi di aggressioni dagli esiti gravi e talvolta fatali conferirono drammaticità ed urgenza al tema, mai avuta fino a quel momento. In quegli anni, un fenomeno da sempre esistito nei contesti familiari e di coppia, assumeva rilevanza sociale e si trasformava in una problematica di primaria importanza soltanto in seguito all’attenzione dei mass media sulla vita dei vip.
È un fenomeno, invece, che si presenta con maggiore frequenza al di fuori del mondo ristretto delle celebrità e che si verifica perlopiù all’interno delle mura domestiche, dove ancora oggi il numero oscuro delle vittime ricopre una percentuale molto alta.
Le vittime di stalking sono generalmente persone “normali, comuni”, persone che conoscono il loro persecutore e, nella quasi totalità dei casi, hanno avuto una relazione sentimentale con lui. Dunque la vittima più frequente dello stalker è l’ex partner e i comportamenti persecutori sono rivolti perlopiù a compagni che hanno interrotto o vogliono interrompere una relazione d’amore.
Gli stalker agiscono mossi dal desiderio di ristabilire un rapporto, dalla gelosia, dalla voglia di vendetta per torti subiti (presunti o reali), da un rapporto di dipendenza o dall’ossessione di continuare ad esercitare un controllo sulla vittima. Questi motivi spingono il persecutore a maldestri e violenti tentativi di corteggiamento che vanno dallo spedire o far recapitare mazzi di fiori, cioccolatini ed altri dolci, alla ricerca del contatto telefonico ed epistolare anonimo, molto spesso, senza contenuti d’affetto bensì minacce e provocazioni, fino all’attivazione di un’escalation di violenza e alla messa in atto di comportamenti violenti fisicamente e sessualmente.
È importante, a mio avviso, sottolineare come lo stalking non venga sempre determinato dall’atto persecutorio in sé, ma in primis dall’esperienza emotiva della vittima: anche comportamenti apparentemente piacevoli (come l’invio di regali) possono essere vissuti come intrusivi e assillanti e come tali essere contrastati.
Lo stalking, è quindi perlopiù un modalità deviante di reagire di fronte alla fine di un rapporto o una strategia di risposta disfunzionale al rifiuto da parte dell’altra persona di iniziare una relazione. Possiamo parlare di “sindrome del molestatore assillante” , definizione che ci permette di sottolineare il carattere patologico del comportamento.
Alla base dello stalking, vi è il meccanismo mentale secondo il quale la persecuzione è comunque una sorta di rapporto, un surrogato di relazione, una specie di continuum necessario rispetto al rifiuto, all’allontanamento, alla perdita, alla conclusione di una storia: lo stalker arriva a negare l’avvenuto distacco, a negare la realtà del rifiuto e, attraverso abusi di potere, a imporre la propria presenza e il proprio dominio.
Come abbiamo visto, lo stalking è un processo deviante e patologico che si insinua perlopiù nelle relazioni d’amore. In letteratura, si fa una distinzione tra amore maturo e amore immaturo (Curtis, 1983).
L’amore maturo è caratterizzato da bisogno, generosità, romanticismo e complicità; è quel sentimento che determina un clima di crescita che spinge gli amanti ad acquisire insieme un più alto grado di educazione personale, una maggior conoscenza di sé, un miglioramento dell’ autostima e del benessere. L’amore immaturo, invece, è caratterizzato da potere, possesso, perversione, ossessioni sulla mancanza di fedeltà del partner, incertezza legata alla sensazione che la relazione possa concludersi da un momento all’altro.. L’amore immaturo causa continui comportamenti di perdita di controllo che si strutturano come vere e proprie violenze.
A mio avviso, l’amore immaturo viene definito impropriamente “amore”. Le parole hanno un loro peso ed è importante soffermarcisi.
La persecuzione non è mai sinonimo di amore. Il desiderio di possesso non è mai amore.
Molto spesso, nelle relazioni, facciamo l’errore di confondere un livello di gelosia patologica con l’affetto, il controllo come l’espressione di un forte sentimento (“Lo fa perché in fondo non vuole perdermi!”), le violenze psicologiche e fisiche subite come una nostra responsabilità..
Non è mai così.
Abbiamo il diritto di vivere amori maturi, possibili e gratificanti. Di vivere le nostre libertà all’interno delle relazioni, di non sentirci oppressi, controllati, sottomessi e perseguitati.
Lo stalking non è amore, qualunque aggettivo si voglia aggiungere dopo la parola amore.
È una violenza e come tale va contrastata.
Psicologa, Psicoterapeuta e Psico-Oncologa
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(+39) 389.2404480 – emanuela.gamba@libero.it
Per Approfondire
Meloy Stalking, (obsessional following): a review of some preliminary studies, Aggression and violent behaviour, 1996
M. Pathe, P. E Mullen. The impact of stalkers on their victims. British Journal of Psychiatry, 170, 1997
Mastronardi, Stalking o sindrome delle molestie assillanti, in V. Volterra (a cura di), Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica, Masson, 2006, 194.
C. Curci, G., Galeazzi, G.M. e Secchi, La sindrome delle molestie assillanti (stalking), Ed. Bollati Boringhieri, 2003
B. C. Gargiullo, R. Damiani, Lo stalker, ovvero il persecutore in agguato- classificazioni, assessment e profili psicocomportamentali, Ed. Franco Angeli, 2008, 29
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