Una realtà “Special”. L’inclusione dei ragazzi con disabilità nell’attività sportiva
“Che io possa vincere, ma se non dovessi riuscire, che io possa tentare con tutte le mie forze”
Questo è il “giuramento” degli atleti speciali di una delle più grandi organizzazioni che si occupano di sport e disabilità.
Cos’è lo sport se non in primis una sfida con noi stessi, un continuo mettersi alla prova e cercare di superare i propri limiti?
Lo sport special ci mostra e ci insegna che i limiti non sono altro che opportunità per crescere, per trovare e valorizzare le nostre migliori abilità.
“Ognuno è un genio, ma se si giudica un pesce dalla sua abilità ad arrampicarsi su un albero, lui passerà tutta la vita a credersi uno stupido”
L’attività motoria regolare è una buona abitudine per tutti, quindi anche per i disabili, i quali devono anch’essi tutelare la propria salute al pari e di più degli altri.
Oltretutto, la pratica regolare di un’attività fisica, in particolare per alcune disabilità, può essere un punto di forza da poter sviluppare per migliorare la qualità della socializzazione.
Le abilità sportive apprese nel tempo possono creare un collegamento con gli altri, aumentando così l’autostima e il benessere; diminuendo inoltre eventuali stati di agitazione.
A livello fisico lo sport aiuta a combattere l’insonnia e la tendenza al sovrappeso, che si manifestano in concomitanza con alcune disabilità.
In più, un buono e costante allenamento comporta spesso un miglioramento nel coordinamento e nell’equilibrio, questo fa si che si possa acquisire anche maggiore sicurezza nelle attività quotidiane.
Dal punto di vista relazionale, in particolare gli sport di squadra, implicano un alto grado di socializzazione e inclusione. Tutti i ragazzi mettono alla prova le loro capacità comunicative, sia con i loro pari, che con le figure di riferimento in quell’ambiente(educatori, allenatori, etc..).
Oltre che le interazioni con gli altri, gli sport stimolano una socializzazione volta al conseguimento di un risultato comune, scegliere di collaborare con il gruppo, sentirsi parte di un tutto.
Questo a volte causerà frustrazioni nei ragazzi, che andranno aiutati nell’elaborazione positiva di tali destabilizzazioni, le quali inevitabilmente incidono anche a livello emozionale.
Emozionalmente appunto, sia frustrazioni in caso di sconfitte o di mancati risultati, sia soddisfazioni per una vittoria o per un obiettivo raggiunto, permettono un lavoro sul miglioramento delle percezioni emotive relative a tali circostanze.
Le attività sportive inoltre sono spesso un’occasione per lavorare sulle autonomie.
Anche gli sport individuali prevedono allenamenti con altri atleti, questo fa si che siano sempre attive dinamiche di gruppo, nelle quali tutti i ragazzi sono maggiormente stimolati a dare il meglio di loro.
Prima, durante e dopo un allenamento si possono imparare molte cose; come allacciarsi le scarpe, fare la doccia, vestirsi o avere cura del proprio materiale.
Tutte queste capacità possono poi essere riportate nella vita quotidiana, aumentando il livello di indipendenza e di coscienza di sé dei ragazzi.
“tra la partenza e il traguardo
in mezzo c’è tutto il resto
e tutto il resto è giorno dopo giorno
e giorno dopo giorno è
silenziosamente costruire
e costruire è sapere
e potere rinunciare alla perfezione”
Niccolò Fabi, famoso cantautore romano, con questa strofa della sua “Costruire” ci offre un ulteriore spunto di riflessione.
Lo sport non potrà mai tirar fuori dal mondo della disabilità la perfezione; ma partendo dalle capacità di base di ogni ragazzo, giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento e dopo tanta fatica si arriva ad un miglioramento. Anche se questo “passo” dovesse essere piccolo, varrebbe comunque tutti gli sforzi messi in campo; quelli dei ragazzi prima di tutto, ma anche quelli degli operatori che si dedicano a loro e quelli dei genitori, che spesso fanno grandi sacrifici per permettere ai loro figli di partecipare ad attività sportive.
Invito tutti ad investire un po’ del vostro tempo per assistere ad una competizione sportiva speciale; potrete vedere con i vostri occhi incitamenti e grandi esultanze per un piccolo passaggio ben riuscito, e non insulti al giocatore avversario di turno; potrete vedere tifosi che incitano ed applaudono tutti indistintamente, e non risse sugli spalti; vedrete visi fieri e orgogliosi di chi ha lavorato duramente per ottenere “piccoli successi”, non musi lunghi per una sconfitta. Ci saranno sempre abbracci, ringraziamenti, complimenti e rispetto per tutti e verso tutti.
In sostanza potrete vedere quella che è l’essenza dello sport, resa speciale da ragazzi speciali.
Concludo con qualche breve cenno storico che ci fa capire da quanto tempo alcune organizzazioni siano attive nel settore, anche con manifestazioni Internazionali.
Soltanto negli ultimi anni gli eventi Internazionali riguardanti lo sport per disabili stanno avendo una risonanza maggiore, ma in realtà le prime manifestazioni risalgono ai primi anni del 1900.
Nel 1924 a Parigi il comitato Internazionale degli Sport dei Sordi, organizza la prima manifestazione a livello Mondiale, creando i Giochi Olimpici Silenziosi. Nel 1960 a Roma prendono vita i primi giochi Paralimpici per disabili fisici; ed infine nel 1968 a Chicago ci fu la prima manifestazione Special Olympics per persone con disabilità intellettiva.
Il sociale, soprattutto per quanto riguardo il terzo settore, sembra che pian piano si stia muovendo per un sempre maggior riconoscimento del valore dello sport Special; da parte nostra ognuno di noi può e deve sentirsi partecipe di questa piccola “rivoluzione”, perchè una vera inclusione, sportiva e non, sarà possibile solo quando la società accoglierà positivamente performance non perfette.
Dott. Diego Bonifazi
Assistente Sociale a Roma
(+39) 3296614580
Per approfondire:
Anna Contardi – Verso l’autonomia, percorsi educativi per ragazzi con disabilità intellettiva, Carocci Faber editore
Claudio Arrigoni – Paralimpici. Lo sport per disabili: storie, discipline, personaggi, Hoepli editore