Cammino ergo sum. Il potere terapeutico della camminata
“Camminare è una forma di resistenza. Non solo fisica, ma anche nei confronti del mondo. È un elogio alla perseveranza, alla lentezza, allo sforzo che, in una società ossessionata dai risultati, è decisamente controcorrente.” (Oliver Bleys)
Ci basta osservare un bambino alle prese col suo gattonare per comprendere questa necessità dell’essere umano di spostarsi, di muoversi, di non restare fermo sempre nello stesso posto. Gatton gattoni, prendendo gradualmente le distanze dalle posture dei nostri antenati primati, ci erigiamo su due piedi, la schiena dritta, e così l’homo erectus è pronto a camminare.
Camminare non è uno sport, (quasi) tutti hanno l’opportunità di farlo, non servono grosse attrezzature allo scopo, solo, bisogna armarsi di molta pazienza.
In un’epoca in cui siamo abituati a spostamenti veloci, a bordo di veicoli che strombazzano per le strade, o a salire su mezzi di qualsiasi genere che invadono indistintamente cielo e terra, camminare è un’attività assai desueta, sconveniente, “strana”… controcorrente.
Oltretutto, siamo così dis-abituati alla solitudine che spesso all’esclamazione “vado a fare una camminata” si riceve di tutta risposta un preoccupato “va tutto bene?” (per un approfondimento, si rimanda agli articoli,“Lo sviluppo della mentalizzazione – Comprendere la mente”, “Somatizzazione e Psicosomatica – Se solo si potesse pensare”).
Eppure, sempre più persone, bruciate dal tutto e subito dei nostri tempi efficienti, riscoprono il potere terapeutico di questa semplice e democraticissima attività.
Eppure, sempre più persone, bruciate dal tutto e subito dei nostri tempi efficienti, riscoprono il potere terapeutico di questa semplice e democraticissima attività.
La camminata intanto implica un’azione assai controcorrente, soprattutto in inverno, soprattutto negli insediamenti urbani: uscire all’aria aperta, raggiungere un parco, addirittura allontanarsi dalla città. Per immergersi nella natura, nel silenzio, nella tranquillità.
La conseguenza è quella di scoprire piccole cose come una ragnatela bagnata dalla rugiada, il verso di qualche volatile che rifugge il caos della città, il suono del vento che sussurra alle fronde degli alberi. Nell’avvertire il battito del cuore, ascoltare il nostro respiro, osservare il paesaggio intorno a noi, percepire attraverso i cinque sensi, il vento, i profumi, i suoni ci rendiamo conto di come la bellezza che si trova fuori risuoni in realtà anche e soprattutto dentro di noi.
Ma non solo. Il silenzio ci costringe all’ascolto, interno prima che esterno, di tutti quei pensieri che non hanno il “tempo” di aver voce nel tran tran quotidiano. Il silenzio, la natura, il camminare ci rimettono dunque in comunicazione con quella parte chiacchierona di noi che spesso rifuggiamo, con il risultato che spesso, al fine di comunicare con noi dopo esser stata tanto ignorata, ci obbliga violentemente all’ascolto attraverso il sintomo.
I benefici della camminata non hanno a che vedere soltanto quindi con lo smaltimento dei chili di troppo delle mangiate delle feste, ma anche e soprattutto con la ricerca della tanto agognata armonia con noi stessi.
Uno studio pubblicato sulla rivista Experimental Biology rivela che l’impatto del piede durante la camminata trasmette onde di pressione attraverso le arterie che sono in grado di aumentare il flusso di sangue al cervello: tale evento si traduce con una maggior perfusione cerebrale a tutte le zone dell’encefalo. In altre parole grazie a questo si ottiene un aumento delle capacità cognitive, cioè un aumento della capacità di memoria e di creatività.
Inoltre, grazie al lavoro del cuore e al movimento regolare e coordinato, è possibile portare equilibrio tra i due emisferi del cervello (il sinistro, quello logico, e il destro, quello creativo) e quindi avere una maggiore lucidità e chiarezza di pensiero.
La ripetizione di un semplice gesto come quello del mettere un piede davanti all’altro, la focalizzazione sulla nostra respirazione che si plasma sullo sforzo fisico per farsi prima più accentuata e affaticata, poi più rapida ma regolare, permettono alla nostra mente di svuotarsi di tutte le scorie di cui quotidianamente è invasa.
Svuotandosi del superfluo, resta uno spazio, vuoto, aperto, proprio come avviene durante la meditazione (infatti, esiste una forma di meditazione camminata). Uno spazio che (senza fretta) è possibile riempire con pensieri più puliti, ricostituiti più ordinatamente, forse addirittura rispettando una gerarchia di importanza. Sostanzialmente: camminare è un ritorno all’essenza.
“Riesco a meditare solamente mentre cammino, quando mi fermo smetto di pensare; la mia mente funziona solo con le mie gambe” (da “Confessioni” di Jean-Jacques Rousseau)
Riceve su appuntamento a Perugia
Per Approfondire:
Experimental Biology 2017. (2017, April 24). How walking benefits the brain: Researchers show that foot’s impact helps control, increase the amount of blood sent to the brain. ScienceDaily. Retrieved January 1, 2018 from
Gros Fredric (2013) Andare a piedi. Filosofia del camminare. Garzanti Editore