Claustrofilia e musica. Chiudersi per venire alla luce

Mi fermo e osservo la buca che ho fatto. Mi calo all’interno portando la pala con me, e mi rendo conto della profondità: arriva alla vita. Mi tolgo la camicia ricomincio a scavare da dentro. […] Posso muovermi quanto basta all’interno della buca, riesco a girare su me stesso e, poggiando la schiena su una delle pareti, se allungo le braccia, riesco a toccare la parte di fronte. Lancio la pala fuori e resto nella buca fermo, in attesa. L’attesa. […] Aspettiamo di capire cosa stiamo aspettando. Attendo.

“La buca”, un breve racconto in cui il protagonista intraprende un viaggio, quasi come una fuga, che lo allontana dalla vita quotidiana e caotica nella quale le persone vivono al passo con i tempi frenetici cittadini. Allontanandosi dalla città  arriva in questo posto dove splende il sole e dove non ci sono ombre.

Questo passo che mi ha suscitato diversi pensieri e che apre a molteplici interpretazioni su vari livelli, offre anche un’immagine molto forte, l’immagine di un uomo che scava una buca nella terra per rimanere lì. Uno dei pensieri più immediati che ci stimola è quello di un uomo che sta scavando la propria tomba. In realtà il protagonista descrive la buca come un posto confortevole dove poter stare. Allora uno dei significati simbolici che emerge dalla scena descritta può essere collegato alla situazione in cui molte persone costruiscono un luogo circoscritto e limitato dove vivere e crescere, mettendo a frutto le proprie caratteristiche. Quel luogo che in apparenza le persone identificano come volutamente costruito e realizzato in base alle proprie caratteristiche e alle proprie necessità, in realtà è un ambiente imposto dal contesto in cui si vive.

Tuttavia rimanda anche alla possibilità di simbolizzazione di un viaggio che percorra la strada che va dalla realtà “esterna”, sociale, a quella interna, intesa sia come mondo interiore che come luogo intrauterino, quasi a descrivere un desiderio di reinfetazione. L’uomo crea un posto dove stare, una buca scavata nella terra/madre, stretta ma non troppo, confortevole. Un uomo che rimane a metà, metà dentro e metà fuori, in un posto di confine, in un luogo senza tempo, in attesa, ma non sa di cosa. Sembrerebbe appunto la descrizione dell’attesa della gravidanza vista dal feto, che si trova in un posto confortevole e paradisiaco, senza tempo.

Il viaggio raccontato mi ha portato a ripensare alla “ricerca del chiuso” a cui Fachinelli, nelle sue ricerche, dà il nome di “claustrofilia”. A partire dal primario significato della parola Claustrum, ovvero chiave, serratura, catenaccio e simili, l’autore si riferisce in un primo momento all’atto del chiudersi dentro, dello sbarrarsi e solo in un secondo momento all’immagine di un luogo chiuso riconducibile all’utero materno. L’autore ritiene che la claustrofilia sia la spinta a costruire un luogo chiuso e delimitato che ha un proprio significato e che è caratterizzato dall’assenza di temporalità, proprio come la “buca” del racconto. Una condizione spesso riscontratile nello svolgersi di terapie analitiche e che offre la possibilità di elaborare e superare la dimensione fusionale per giungere poi alla separazione e alla dualità, un percorso, dunque, che ripropone a livello profondo nella terapia e con le immagini in questo racconto, l’esperienza della nascita, del passaggio dall’unità fusionale alla separazione.

L’attesa del protagonista conduce infine all’andare in scena in questo mondo “show” che ci vede protagonisti di una vita frenetica, scritta e vuota, incapace di vivere le emozioni fino in fondo e che in assenza di una riflessione profonda su se stessi, ci rende quasi come “pietre che rotolano” in maniera quasi inconsapevole.

Allo stesso modo Orfeo, simbolo della musica, scende negli inferi, il mondo delle ombre, e grazie alla sua lira e alla magia della sua musica, gli viene data la possibilità di riportare alla luce la sua sposa, Euridice, relegata lì ( per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo “Il potere magico della musica – Dal mito all’uomo moderno”). La lettura che Franco Fornari ci offre rispetto a questo mito è molto interessante: interpreta l’Ade come una situazione intrauterina, nella quale Euridice, simbolo di una figura materna, deve “venire alla luce”, dunque, sul piano simbolico, rinascere. Allo stesso modo Orfeo, andando nell’Ade, simbolicamente indica il desiderio di reinfetarsi. L’utero materno può essere vissuto in un duplice modo, da un lato come una situazione paradisiaca, dall’altro come una situazione infernale dalla quale si vorrebbe uscire dando origine così, sia alla  claustrofilia che alla claustrofobia.

Il desiderio di Orfeo dunque è quello di reinfetarsi e di rinascere insieme ad Euridice-madre,  un destino che non può compiersi. In effetti può riportare Euridice alla luce ad una condizione: non deve girarsi a guardarla fino a che non siano usciti dagli inferi. Orfeo non rispetta il patto ed in effetti nella realtà si può guardare il volto della propria madre solo dopo essere nati e dunque venuti alla luce. Nascere però allo stesso tempo segna la “perdita” della madre, la perdita della fusionalità per eccellenza e la perdita dunque di quel Paradiso, il grembo materno, nel quale l’unità madre bambino era ancora intatta.

Uno degli aspetti più significativi di questo mito è dato dalla presenza della musica, dalla lira come oggetto che offre la possibilità di recuperare l’unità originaria. Tramite il suono post natale, Orfeo, può accedere ad un luogo prenatale da cui recuperare il suono che ha accompagnato tutti noi nei mesi della gravidanza. La musica, il suono, si associano e interconnettono intimamente con la “ricerca del chiuso” quasi a voler rivivere quel Paradiso musicale in cui tutti siamo stati immersi prima di venire al mondo. Attraverso il suono si può recuperare quella sensazione di benessere e si può accedere alla dimensione comunicativa, Orfeo in fondo era musico e cantore, poeta, e così credo che non sia proprio un caso che questo racconto  nasce ed “esce” proprio insieme ad un nuovo disco musicale. Musica e poesie, musica e linguaggio intimamente connessi, nel recupero di un’unità spezzata alla nascita.

Dott.ssa Emanuela Sonsini

Riceve su appuntamento a  Chieti
(+39) 3703389579

Per approfondire

La buca di Luca Manoni – MarteBook

Claustrofilia Elvio Fachinelli ed. Adelphi

Psicoanalisi della musica Franco Fornari ed. Longanesi

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