La bestia

Riflessioni sulla fiducia

Non fa piacere essere la bestia cattiva che se ne sta in un angolo buio, pronta ad azzannare.

Molto spesso le brutte bestie cattive hanno paura, e si nascondono solo per difendersi.

La vita le ha rese diffidenti: chiunque cercasse di blandirle non avrebbe vita facile.

I più si arrendono: perchè perdere tempo e occasioni con un essere vivente selvatico che se ne sta acquattato nell’angolo più sperduto?

Si arrendono, e nemmeno si avvicinano.

Alcuni attraversano il varco e provano ad azzardare qualche passo, riuscendo ad allungare una mano verso di loro.

Al primo mostrar di denti se la danno a gambe senza mai voltarsi indietro, in preda al terrore più assoluto.

La bestia cattiva vive  sola, si aggira nei boschi per procacciarsi il cibo, poi torna nel sicuro nascondiglio.

E passano i giorni, passano gli anni, passa la vita.

Finchè, in un momento temporale imprecisato, una mano impavida si tende verso il suo  collo incassato fra le zampe anteriori.

La bestia, colta di sorpresa, solleva appena la testa. I suoi occhi incrociano quelli di un giovane uomo fermo e sicuro, che non accenna a ritirare la mano nemmeno quando essa prova a spargere panico con occhi di brace e ringhio sordo.

L’uomo non arretra di un centimetro, tenendo la mano protesa verso un potenziale, grosso pericolo.

Attimi interminabili fissati come gesti al rallentatore: una mano ferma e decisa verso due occhi ferini che non promettono nulla di buono, spalancati su una bocca semiaperta che fa bella mostra di due file di denti aguzzi.

Il tempo , questo sconosciuto, pare fermarsi e cristallizzare la scena in un quadro senza vita.

Potrebbe fermarsi tutto così, e tutto per sempre.

Chi  garantisce che ci saranno un domani, delle speranze e un progetto di rinascita?

Tanto tempo è andato via con mucchi di polvere e ragnatele fitte, figlie dell’abbandono.

Quanto tempo è passato?

La mano riprende a muoversi lentamente verso la testa della bestia rincantucciata.

Le sfiora le orecchie, tentando una carezza.

Non c’è paura, nell’aria; non c’è incertezza.

La bestia si lascia accarezzare, guardando l’uomo con occhi prima interrogativi, poi rassicurati.

Nel giro di poco (ma chi può definire i concetti di poco o di molto?), l’animale, sacro non a Dio, ma a se stesso, esce dalla spelonca seguendo l’uomo che gli parla dolcemente, che lo rassicura e gli assicura che non sarà più solo, incattivito, pronto a ringhiare per paura di essere ferito.

Camminano una a fianco all’altro, muti e consapevoli di un tacito accordo.

Dopo un bel po’ di strada una porta si apre su una casa calda e confortevole; spartana ma accogliente.

La bestia scorge una comoda cuccia in un angolo del salone, poco distante dal camino acceso.

L’uomo le offre acqua e cibo buono, poi la invita a distendersi su un lettino morbido e pulito: la sua casa per il resto della vita.

La fiducia ha vinto, almeno stavolta.

Nita Ranaldo

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