Le Emozioni. Vale la pena conoscerle?

Come scrive McDougall (McDougall, Teatri del corpo, 2012 Raffaello Cortina Editore): “il cuore è l’organo privilegiato dell’affetto, la metafora dell’amore, della sofferenza e della nostalgia, come peraltro dell’odio, della violenza e della collera”.

Non c’è cosa più complessa e difficile del mettersi in contatto con le proprie emozioni. Tentiamo costantemente di ignorarle, ma anche se proviamo a metterle a tacere cercando di non ascoltarle, loro sono presenti, ci sono, vengono comunque immagazzinate in qualche lato a noi oscuro, pronte a riaffiorare con una forza e un’intensità che le rende poi di difficile gestione.

Siamo spinti a trascorrere le nostre giornate in modo frenetico, invece di diminuire, gli impegni si moltiplicano a dismisura, siamo circondati da persone che ci ripetono frasi come “non preoccuparti”, “cerca di ignorarlo”, “fai finta di niente”, “quanto piangi”! e via discorrendo. Molto spesso siamo noi che ci ripetiamo queste parole sotto voce, con la speranza di soffocare quel grido troppo doloroso da poter accettare. Parlare di emozioni non è una cosa semplice, proprio perché per definizione sono delle risposte complesse e multifattoriali a stimoli ed esperienze piacevoli e non.

Dal punto di vista neurologico, sono regolate dalla parte del cervello più primitiva e comune anche ad altre specie animali e proprio per questo motivo viene dato loro un valore adattivo. Hanno cioè un ruolo attivante rispetto a situazioni pericolose e dannose: basti pensare a come noi reagiamo quando le viviamo.

Nel momento in cui i nostri occhi captano una situazione di pericolo, il nostro sistema nervoso risponde con un attivazione fisiologica (accelerazione del battito cardiaco, sudorazione): di conseguenza mettiamo in atto un comportamento per evitare quell’ostacolo così da poter ristabilire un equilibrio sia psicologico che fisico.

Le risposte alle emozioni comprendono quindi aspetti psicosomatici, cognitivi, comportamentali e di pensiero, con una predisposizione ad agire.

Gioia, tristezza, rabbia, paura, disgusto e sorpresa sono le emozioni di base (emozioni primarie) e rappresentano il modo in cui noi riusciamo ad adattarci alle situazioni, sono innate e quindi comuni a tutte le popolazioni.

Già Darwin nel 1972 studiando la corrispondenza tra espressioni del volto ed emozioni, aveva affermato che “le espressioni facciali hanno la ragione evoluzionistica di aiutare gli altri ad adattarsi all’ambiente”. Nel celebre cartone animato della Pixar-Disney Inside-out, queste cinque emozioni vengono raffigurate in modo molto divertente da alcuni personaggi; qui gli autori sono riusciti a rapprentare alla perfezione il viaggio interiore che le emozioni compiono per arrivare alla messa in atto di un determinato comportamento. E’ così che ad esempio la Tristezza prende voce: “Sono troppo triste per camminare, dammi solo qualche…ora (..) Piangere mi tranquillizza, mi fissa sulla gravità dei problemi della vita”!

Le emozioni secondarie, invece, si costruiscono con il passare del tempo in età più matura e si fondano sui vissuti personali, ma anche sociali, comprendono senso di colpa, vergogna, allegria, ansia, gelosia; queste si originano dalle emozioni primarie e le interazioni sociali giocano un ruolo centrale nel loro sviluppo.

Ai nostri occhi sembrano totalmente indipendenti da chi le prova, quasi fossero un altro diverso da noi, ma in realtà non è così: bisognerebbe proprio partire da loro per cercare di capire cosa ci succede e cosa accade anche al mondo che ci circonda. L’analisi per comprenderle richiede molta attenzione e lo sforzo maggiore è riverso nel tentativo di descriverle e dare loro un nome; esserne consapevoli è un lungo processo che porta alla comprensione delle esperienze che un individuo fa nel corso della sua vita, così da poter dar voce all’emozione stessa. Nel momento in cui non riusciamo ad accettare cosa ci sta accadendo l’emozione diventa solo una risposta del nostro organismo, così che per noi diventa impossibile dargli un significato e, di conseguenza, la sua trasformazione in ansia sarà inevitabile (per approfondimenti si rimanda all’articolo: Il boomerang delle emozioni – Viverle o evitarle della rivista di Giugno 2015).

Il primo passo per combattere questo stato di ansia, infatti, è proprio quello di metterci in contatto con le nostre emozioni ascoltando quello che vogliono dirci: andando a scavare nel nostro profondo è possibile capire perché a quella determinata esperienza corrisponde una risposta del nostro corpo che può ricomprendere un mal di testa, un disturbo gastro-intestinale e così via a seguire. Ascoltarle è certamente un compito difficile: in molti casi provare rabbia ci porta ad essere aggressivi, la vergogna ci fa evitare determinate situazioni così come la paura, il senso di colpa può influenzare il nostro modo di percepire il mondo, ma tuttavia tutte queste emozioni esistono e noi non possiamo evitarle.

La conoscenza delle nostre emozioni deriva spesso dalle esperienze avute nei primi anni di vita; nel processo che porta alla loro conoscenza e quindi, alla loro comprensione, le figure di riferimento giocano spesso un ruolo centrale.

L’adulto, in grado di dare voce alle emozioni, dovrebbe insegnare al bambino il loro nome, accogliendo la reazione fisiologica di risposta a quel preciso stato emotivo; così facendo, il bambino sarà in grado di comprendere cosa gli sta succedendo e come poter gestire le reazioni e i segnali che il proprio corpo manda. Insegnare al bambino ad ignorare la rabbia o anche la felicità, può avere come conseguenza lo sviluppo di frustrazioni che portano la persona a non mettersi in contatto con se stessa e, nei casi più gravi, anche a sviluppare disturbi psico-somatici o della personalità in cui la realtà interiore non corrisponde alla vera realtà. Nascondere le emozioni porta a farci indossare delle maschere che dipingono sul nostro volto un immagine di noi stessi che in realtà non ci appartiene. Bisognerebbe quindi imparare a trovare un equilibrio senza aver paura di sentire anche le emozioni più distruttive: nessuna emozione è dannosa per chi la prova, proprio perché racconta e parla di un nostro specifico vissuto. A dispetto di quanto parecchie persone sono abituate a pensare, non esistono quindi emozioni positive o negative. E se volessimo rispondere alla domanda iniziale, lanciata dal titolo di questo articolo? Vale a dire: infine, queste emozioni, vale la pena conoscerle? Beh la risposta sarebbe assolutamente affermativa: è questa l’unica via per poter accedere ad una conoscenza autentica e profonda di se stessi. Una conoscenza, che conduca la persona ad un benessere psicologico e fisico, quindi globale.

Dott.ssa Serena Bernabè

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Per Approfondire:

– Ekman P. Te lo leggo in faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste. Editore Amrita, (2008)

– Giannantonio M. Paura di sentire. Come gestire il “pericolo” delle emozioni, Centro studi  Erikson, (2012)

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