Psicologia in Musica. In bianco e nero di Carmen Consoli

“In bianco e nero” è un brano scritto da Carmen Consoli e portato al Festival di Sanremo del 2000 dalla stessa cantautrice catanese inserito nell’album “Stato di necessità”.

Carmen Consoli con la sua voce straordinaria dà vita a testi pregni di messaggi che desidera trasmettere al pubblico.

Ascoltando questa bellissima canzone chiudo gli occhi ed immagino una giovane donna che guarda con malinconia le foto di sua madre, ormai defunta, e che intraprende un bellissimo monologo introspettivo rimpiangendo il fatto di non aver condiviso con lei le sue perplessità rispetto al loro rapporto conflittuale. Il titolo “in bianco e nero” rimanda ai colori di un’antica foto della madre ancora infante, ma trasporta inesorabilmente la mia mente verso il concetto di contrasto, di conflitto e assenza di gradazioni e sfumature, proprio come il rapporto istaurato tra le due donne, ma al tempo stesso è “sbiadito” come se quella ostilità e quella rabbia si siano affievolite con la scomparsa della madre, dando spazio a sentimenti di rimpianto.

Era la festa del suo compleanno

Un bianco e nero sbiadito

Guardo mia madre a quei tempi e rivedo

Il mio stesso sorriso

E pensare a quante volte

L’ho sentita lontana

E pensare a quante volte

Le avrei voluto parlare di me

Chiederle almeno il perché

Questa canzone, in parte autobiografica, ci racconta quello che avviene a volte nel rapporto madre figlia.  Emergono degli atteggiamenti, dei comportamenti tanto ben definiti e marcati: da un lato la madre che si relaziona con la figlia attraverso “lunghi ed ostili silenzi”, e dall’altro la figlia che non comprende il significato di questa ostilità e così reagisce mostrandosi “inaccessibile e fiera”.

La mia riflessione a questo punto volge verso l’analisi del comportamento materno, che, se distratto da pensieri angosciosi, da preoccupazioni incombenti, dolore relativo ad un lutto o qualsiasi altro pensiero opprimente, allontana dal contatto emotivo con il proprio figlio e quindi può essere percepito come qualcosa di spaventoso dal figlio infante. Dobbiamo pensare però che non sia solamente la lontananza affettiva a spaventare il bambino, ma che sia anche l’incapacità, in questo caso della madre, di accogliere e bonificare le paure del figlio.

Quando il trauma non è affrontabile, resta incapsulato e può portare ad una incapacità o ad una difficoltà ad accogliere e bonificare gli stati affettivi dolorosi del figlio, proprio perché questi potrebbero rievocare i propri stati affettivi dolorosi e irrisolti. In questa situazione il bambino rivede negli occhi della madre la sua stessa angoscia non alleviata, potrebbe così vivere sentimenti di paura. Se il genitore viene vissuto come pericoloso si crea nel bambino un conflitto inevitabile in quanto il sistema dell’attaccamento lo obbliga a cercare la vicinanza protettiva del genitore ogni volta che ne ha bisogno, ma allo stesso tempo il sistema difensivo lo obbliga a fuggire di fronte ad uno stimolo che gli trasmette paura. Possiamo presupporre che il genitore, la madre in questo caso, abbia vissuto delle esperienze traumatiche che sono rimaste non elaborate. Questa dinamica è alla base di alcuni comportamenti di opposizione del genitore alle richieste o iniziative del figlio, innestando un tipo di relazione conflittuale dove è possibile riscontrare un schema di dominanza sottomissione. È stata individuata però anche la possibilità che una situazione del genere possa sfociare in un accudimento basato sulla competizione che provoca sentimenti e comportamenti di attaccamento nel bambino, ma, al tempo stesso, li respinge [Lyons-Ruth, Bronfman, Parsons, 1999].

E pensare a quante volte

L’ho sentita lontana

Una delle reazioni e delle strategie a cui si può far ricorso per poter gestire la paura è il freezing, l’immobilizzazione in effetti è talora osservabile alla Strange Situation di bambini con attaccamento disorganizzato, che richiama molto alla mente l’inaccessibilità e la fierezza della donna protagonista della canzone.

Puntualmente mi dimostravo inflessibile

Inaccessibile e fiera

La nostra protagonista ci fa percepire come questa modalità relazionale si sia protratta a lungo negli anni e di come abbia creato un divario tra le due donne

Le avrei voluto parlare di me

Chiederle almeno il perché

Dei lunghi ed ostili silenzi

E momenti di noncuranza

Questa canzone mi ha condotta subito a riflettere sulla relazione madre figlia pensando agli stili d’attaccamento, ma credo che ci faccia riflettere molto anche su un altro aspetto molto importante e che riguarda tutte noi donne: ovvero quello della differenza tra maschi e femmine nell’affrontare il distacco dalla madre in un processo di crescita evolutiva. Luisa Muraro, una filosofa e scrittrice italiana, il cui pensiero a volte viene etichettato come “femminismo della differenza”, scrive su quanto venga enfatizzato l’amore del figlio per la madre e quanto questo sia differente dall’amore che viene trasmesso alle figlie. Partendo dal presupposto che maschi e femmine vivono lo stesso momento simbiotico con la madre nell’infanzia, i maschi dovranno, nel corso del loro sviluppo, rivolgere e spostare l’amore per la madre verso altre donne, mentre alle figlie femmine viene richiesto un grande sforzo, quello di distaccarsi completamente dall’oggetto d’amore e rivolgersi verso l’uomo – padre che darà poi accesso alla possibilità di volgere il proprio amore verso un altro uomo in adolescenza. Per fare ciò l’attaccamento alla propria madre, intimo, di accudimento e quello speciale legame deve inesorabilmente tramutarsi in odio e ostilità; le femmine sono costrette a mettere in discussione il legame ancestrale materno e ad entrare in conflitto con la stessa, mentre i maschi mantengono tale legame intatto.

Solamente in questo modo potrà avvenire quel distaccamento che permette la crescita. L. Irigray sottolinea che per relazionarsi all’uomo e per farsi amare da lui l’unica strada possibile è quella della rivalità e dell’esclusione, dunque tutte le donne si imbattono nel tentativo di “sconfiggere ” la madre. La dimensione della rivalità è in qualche modo sollevata dalla incredibile somiglianza delle donne della canzone.

Guardo mia madre a quei tempi e rivedo

Il mio stesso sorriso […]

La scruto per filo e per segno e ritrovo

Il mio stesso sguardo […]

Puntualmente mi dimostravo inflessibile

Inaccessibile e fiera

Intimamente agguerrita

Temendo una sciocca rivalità

Tutta questa dinamica riporta alla mente ciò che anche la psicoanalisi dice, oltre che la società, ovvero che l’originaria passione e il desiderio provato dalle femmine nei confronti di un corpo di donna/madre, deve essere dimenticato. Il padre interviene vietando ciò.

Allora mi fermo a pensare che forse la protagonista del nostro racconto ci stia canzonando, enfatizzandola, la difficile storia di tutte le donne che in qualche modo per consentire la crescita psichica a se stesse devono allontanarsi psichicamente dalla madre e vivono la rivalità nell’assicurarsi l’amore del padre. Un difficile compito, che forse, paradossalmente, diventa ancor più difficile nei casi in cui l’accudimento, l’amore materno non è stato vissuto a pieno. La ragazza, riguardando le foto della madre recupera la sorprendente somiglianza del suo sorriso e del suo sguardo, e facendo ciò probabilmente bonifica la relazione, con la consapevolezza e l’amarezza che se le avesse parlato quando era in vita avrebbe potuto capirla.

Il messaggio più importante che l’artista ci manda è che la parola, la comunicazione, riscalda i rapporti, che altrimenti potrebbero congelarsi in lunghi ed ostili silenzi, che logorano dentro e che potrebbero diventare eterni.

Dott.ssa Manuela Sonsini

Riceve su appuntamento a  Chieti
(+39) 3703389579

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