La personalità masochista. Una vita di lamenti
È ormai credenza comune associare il masochista a quel tipo di persona che va alla ricerca di una sofferenza per godere, connotandosi prevalentemente di un aspetto sessuale o del desiderio erotico. In realtà, se facciamo riferimento agli aspetti masochistici presenti in ognuno di noi o alla personalità masochistica, possiamo interfacciarci con un funzionamento del tutto differente, preferendo il termine auto frustrante. Ci sarà capitato almeno una volta nella vita di parlare con qualche amico o qualche conoscente, e sentirci inondati da tutti i suoi problemi. Talvolta problematiche come insoddisfazioni coniugali, lavorative o amicali ci vengono presentate come sofferenze insormontabili e senza soluzioni, ed eccoci, dunque, ad ascoltarli per ore e ore lamentarsi del proprio collega o datore di lavoro, attivandoci in noi l’esigenza di “risolvere il problema al posto loro”. “Prova a fare in questo modo; Contatta i sindacati; ecc”, sono tutti consigli che irrimediabilmente cadranno in un “eh, magari, ma non è possibile perché…”. Stiamo certi che con queste tipologie di persone, se le rincontrassimo dopo qualche mese, starebbero lì a tediarci con una lamentala infinita su problematiche coniugali o di altro genere. Le persone autofrustranti hanno necessità di collocarsi in una posizione costante di “vittima” e solo mediante la sofferenza possono far tacere un loro senso di colpa inconscio costante. Il messaggio che lanciano all’esterno è “sono una povera vittima, la colpa è fuori di me”. La differenza sostanziale tra una personalità depressa ed una masochistica è proprio legata alla posizione della colpa: nel depresso la colpa è collocata dentro di Sé “ Al lavoro mi trattano male perché non valgo nulla, è colpa mia”, mentre nella personalità masochista la colpa è collocata all’esterno “al lavoro mi trattano male, sono una vittima, è colpa loro”.
Essendo centrale per il masochista il suo ruolo di vittima, e proiettando all’esterno la colpa, difficilmente sarà in grado di attivare delle proprie capacità risolutive per districarsi da una situazione di sofferenza, preferendo, piuttosto, immolarsi per la causa, convincendosi, anche , di una propria superiorità morale; ed essendo votata al sacrificio, tende a diffidare e rifiutare le relazioni appaganti con persone positive e supportive.
Inconsciamente, una persona autofrustrante mette in atto comportamenti lesivi nei confronti di se stessa come il coinvolgersi in relazioni dannose o situazioni problematiche, con la convinzione, inconscia, di meritare tutta quella sofferenza. E’ una persona che nei propri contesti di vita sperimenta costantemente delusione, frustrazione e fallimento. Riesce a convivere facilmente con i propri sentimenti negativi, percepiti come famigliari, per il proprio imprinting famigliare.
Generalamente la personalità auto frustrante è cresciuta in un contesto famigliare dove la sofferenza era l’unico modo per ricevere attenzioni, ma anche dove chi aveva la colpa era anche a rischio d’abbandono (affettivo). Il bambino, di conseguenza, comprende che mettersi in una posizione di vittima lo tutela dal ricevere le “giuste attenzioni” e nell’evitare eventuali abbandoni. Tali convinzioni li riproporrà per tutto l’arco della vita, nelle relazioni amicali e amorose.
Questo disturbo era presente nel DSM-III sino al 1987 ma attualmente è stato classificato come un disturbo di personalità non altrimenti specificato.
Una diagnosi di disturbo di personalità autodistruttiva si basa sulla presenza di almeno cinque dei seguenti criteri:
- Sceglie persone e situazioni che portano alla delusione, al fallimento o al maltrattamento anche quando sono chiaramente disponibili opzioni migliori;
- Respinge l’aiuto o rende inefficace il tentativo di sostegno da parte degli altri nei suoi confronti;
- Risponde con depressione, senso di colpa, dolore o con comportamenti auto-lesivi agli eventi personali positivi;
- Suscita rabbia o rifiuto da parte degli altri e poi si sente male, sconfitto ed umiliato;
- Respinge le opportunità piacevoli o è riluttante a riconoscere la possibilità di godere di se stesso;
- Non riesce a svolgere compiti fondamentali per raggiungere i propri obiettivi personali nonostante dimostri di possedere le capacità per farlo;
- E’ disinteressato o respinge le persone che lo trattano bene;
- Si impegna e si sacrifica per gli altri anche quando ciò non è richiesto.
Al di là della personalità masochistica, ad ognuno di noi, talvolta, nella vita si è attivato un tratto masochista. Ossia la necessità di sfogarci con qualcuno e lamentarci senza voler ricevere una soluzione, ma unicamente per sentirci accolti, compresi e riconosciuti nel aver ricevuto un torto, nel desiderio di essere espiati da ogni nostra responsabilità dell’accaduto. Quando però, una persona cara ci fa interfacciare con le responsabilità della nostra vita, la possibilità di trasformare e risolvere i nostri problemi e che “Dipende solo da noi”, la nostra prima reazione è la rabbia. Una rabbia non legata al non sentirci capiti, ma ad un sentirci restituire la colpa di tutte le nostre sofferenze. Soltanto prendendo consapevolezza che la colpa della maggior parte dei nostri mali ( ad eccezione delle imprevedibilità della vita come lutti e malattie) è propria, possiamo riuscire a concepire la nostra vita in maniera diversa, non essendo più vittime degli avvenimenti, ma attori del nostro presente.
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Per Approfondire:
PDM TASK FORCE (2006), PDM – Manuale Diagnostico Psicodinamico. Tr. it. Raffaello Cortina, Milano 2008.
La diagnosi psicoanalitca, McWilliams Nancy Caretti V. (cur.) Schimmenti A. (cur.) edizioni Astrolabio Ubaldini, 2012