Proiezioni narcisistiche dei genitori sui figli
Dillo con parole mie
L’unica buona educazione è quella che permette alle emozioni di essere libere
(Alexander Neill)
Cari genitori, vi avranno già avvisato del dramma che vivrete non appena vostro figlio inizierà vagamente a sovrastarvi, ad opporsi alle decisioni che prendete per lui/lei o a causa dei pensieri che fate al posto suo, perché vi mostra di non essere a “vostra immagine e somiglianza”; questo dramma si presenta, ed è assolutamente tipico! Ci dovete passare. Accettare che lui/lei abbia una personalità diversa dalla vostra dovrebbe essere una buona notizia e non l’inizio di un vissuto angosciante. Sin da piccoli i bambini mostrano di avere un temperamento definito che influenzerà ogni azione e comportamento e non è detto che sia come quello dei genitori, anzi, è molto probabile che si differenzi da questi, perché cresce in un posto diverso, in un’epoca diversa, circondato da persone diverse (tralasciando i familiari stretti).
Come fa ad essere uguale a voi? Nessuno è uguale a nessuno. A partire dall’età prenatale, durante la gestazione, il bambino viene sottoposto a svariate valutazioni basate sul pensiero magico dei genitori: “Scalcia, farà il giocatore … Sembra che balli, sarà una ballerina …”, sì, va più o meno così, e tutto ciò è assolutamente funzionale, perché il bambino viene sognato e se viene sognato vuol dire che è voluto, e se è voluto sarà amato.
Ma fino a che punto? Fino a che punto il bambino immaginato corrisponde a quello reale? Il bambino nascerà, assomiglierà a mamma e/o a papà, poi andrà a scuola e preferirà lo studio di una materia piuttosto che un’altra o studiare non gli piacerà affatto (magari mamma e papà hanno due lauree a testa), eppure, è ciò accade perché quello che interviene prepotentemente è il contesto. Quali sono le variabili contestuali e ambientali che circondano il bambino? Chi sono le persone che ogni giorno parlano con lui? Le voci e discorsi che il bambino assimila quotidianamente entrano a far parte del suo patrimonio genetico, secondo le più attuali teorie epigenetiche, infatti, il bambino anche solo respirando introietta elementi esterni che influenzeranno non solo lo sviluppo cerebrale e cognitivo ma anche la crescita fisiologica. Trasmettere ai figli passioni, paure, ansie, gioie, dolori è tipico di chi si prende cura, perché per prendersi cura dell’Altro bisogna comunicare e comunicando spesso si dicono “cose che non si vorrebbero dire”. Per comunicare sono necessari canali funzionali e “sani” oltre che filtri comunicativi che lasciano spazio al pensiero dell’Altro che ci parla e ci ascolta a sua volta; se il confronto verbale tra genitori e i figli non è filtrata, il bambino rischia di svilupparsi come un prodotto asettico di chi lo ha voluto, invece di essere una Persona (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo Non dire NO! – Dire di no: l’esperienza genitoriale )con delle esigenze specifiche e uniche. I bambini spesso esprimono il proprio modo di essere anche tramite pianti, urla, capricci, resistenze. Ma probabilmente queste reazioni sono state generate da un carico d’aspettative troppo grande per loro. Non si può decidere cosa diventerà l’Altro se non imparo a conoscerlo, se non capisco a fondo quali sono le sue necessità. I bambini e gli adolescenti, non lo sanno nemmeno cosa sono e cosa vogliono diventare, o meglio, di certo, non ne hanno la certezza assoluta. No, non fatelo! Non pensate al posto dei vostri figli e non pretendete che loro pensino il mondo come voi. Anzitutto il mondo dei bambini non è il mondo degli adulti, vi guardano dal basso, per loro è tutto molto più alto, più grosso, più difficile da raggiungere e viceversa il mondo degli adulti non è piccolo come quello dei bambini (certo ci sono casi in cui i due fenomeni corrispondono(per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo I giovani Peter Pan di oggi – Volere e volare ), ma per far sì che i due mondi possano incontrarsi e toccarsi, i genitori devono calarsi nei panni del figlio. A volte per capire quali sono i suoi bisogni, le sue aspirazioni, le sue tendenze, basta guardarne i disegni. I bambini ci parlano disegnando. A cinque anni sanno perfettamente se vogliono salvare il mondo, le persone, se vogliono prendere cura degli animali, se vogliono andare sulla luna, se vogliono spegnere il fuoco o se vogliono viaggiare e lo disegnano, ve lo manifestano…. Magari poi ci riescono davvero. Poi ci sono quelli che non dicono. E quelli che non dicono e che non fanno, sono più complessi da capire (sindrome da mutismo selettivo), perché è decisamente impossibile farlo. In queste condizioni speciali, ancor di più i genitori (e altri punti di riferimento come insegnanti e pediatra eventualmente) devono mostrarsi aperti all’ascolto, anche se la risposta spesso corrisponde al silenzio, guardateli negli occhi, sintonizzatevi con lui/lei e non cercate di apporre al bambino/a etichette che non gli/ le appartengono. Gli adolescenti introversi, ad esempio, sono talmente criptici che imporre loro cosa essere e cosa fare, sembra l’unica soluzione per “smuovere qualcosa”. Se i bambini e i ragazzi non comunicano con gli adulti, il motivo potrebbe essere rintracciato nel fatto che entrambi non si concedono la possibilità di porsi in ascolto l’uno verso l’altro, restano tutti al confine di contatto senza toccarsi mai. Cosa vogliono e cosa pensano forse non vogliono condividerlo con voi, ma ciò non vuol dire che in loro regni sovrano il caos, a meno che non siano presenti disturbi psichici e/o del neurosviluppo, magari sono molto presenti a loro stessi e semplicemente tendono a nascondersi. In ogni caso anche bambini con patologie psichiche che colpiscono la sfera del funzionamento globale, quali l’autismo, spesso, sono portatori di talenti che i bambini “normodotati” raramente manifestano; si rimanda alla lettura del seguente articolo (Heaton, P., & Wallace, G. L. (2004). Annotation: The savant syndrome). Quindi il pressing non funziona. Mamma e papà devono accompagnare il bambino alla crescita e ciò dovrebbe tradursi nei termini di un percorso che vede Li vede impegnati a sostenere i talenti dei figli, vederli come punti di forza: un abbraccio che sostiene e non trattiene e che favorisce lo sviluppo dell’identità e dell’autonomia emotiva e sociale. Un abbraccio consapevole che aiuta nella scoperta del mondo, nell’accettazione di quello che si è con le proprie fragilità. Una competenza genitoriale funzionale alla crescita dovrebbe risuonare in un “Ti tengo d’occhio … Perché ti voglio bene … Pensala come vuoi … Ti lascio libero di fare … Ma stai attento … In ogni caso, io sono qui”.
Movie: Uno esempio di slancio verso l’autonomia;
Clicca qui: L’esempio opposto.
I bambini prendono a modello i loro caregiver attraverso processi di apprendimento influenzati dalle caratteristiche personali e ambientali dove la natura e la cultura si uniscono e fanno sì che una molecola di DNA diventi pensiero, emozione, fisicità. I modelli, però, devono lasciar spazio allo sviluppo spontaneo del bambino senza prevaricarne i confini. In termini analitici, intervengono due meccanismi all’interno di quel pressing di cui parlavamo: la proiezione e l’introiezione così come ce li descrive Nancy McWilliams. “In entrambi si riscontra una mancanza di confine psicologico tra il Sé e il Mondo”, così potremmo accostare questi due meccanismi al modo di rapportarsi tra il genitore autoritario e il figlio. Quando il genitore proietta sul figlio le parti di sé irrisolte e le proprie aspirazioni personali, dimentica totalmente l’esistenza delle tendenze individuali del figlio, che sono “altre” rispetto alle proprie, ad esempio: “Devi fare il medico o il veterinario casomai perché comunque saresti medico, altrimenti l’avvocato. Il musicista nemmeno per idea, figuriamoci lo psicologo!”, e ancor prima “Fai il liceo classico, fai il liceo scientifico, non fare l’artistico … Non ti porta da nessuna parte”.
Ma che ne sappiamo a dove porta? Come facciamo a sapere ancor prima cosa Quel Bambino/a sarà in grado di fare e quando sarà in grado di “fare da solo”? Il meccanismo che si fa strada nel bambino-pressato è, di conseguenza, l’introiezione di affetti negativi, di elementi che ostacolano non solo i suoi desideri ma anche la comunicazione con i genitori: “Papà e mamma mi dicono così perché mi vogliono bene, però io voglio fare il pompiere, come faccio a farglielo capire, non mi ascoltano, non mi capiscono, non mi accettano per come sono”. I genitori Narcisi, sono proprio questi, quelli che vedono il proprio figlio come un’espansione narcisistica di sé, dove il Mio Sé (genitore) non riconosce l’Oggetto-Sé (bambino) così, per quello che è, con la sua individualità e “lo spinge alla regressione” e allo sviluppo di un Falso Sé cristallizzato, un Sé che splende, ma non di luce propria (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo Il Falso Sé – Modellati nell’ambizione).
Fraiberg nel 1975, sosteneva che le madri iperprotettive tendono a rivivere, inconsciamente, nella relazione con il figlio, esperienze negative infantili in termini di identificazione proiettiva (ti proietto elementi negativi di me); di conseguenze le memorie traumatiche di questa entrano a far parte dell’intero campo-famiglia. Il bambino, pertanto dovrà adeguarsi al funzionamento dei genitori coinvolgendosi nel loro sistema difensivo, e soprattutto, si sentirà solo dato che si ritroverà a dover assumere il ruolo di un oggetto-compensativo di ciò che manca dentro l’Io del genitore. Così l’eccessiva cura diventa incuria.
I bambini di genitori iperprotettivi o al contrario trascuranti rischiano di sviluppare una personalità strutturata su un Io-Vittima con tendenze autolesioniste, che comunque, dovrà far fronte ai rischi esterni da solo, una volta raggiunti gli adeguati livelli di crescita. I genitori di gemelli, nell’85 % dei casi, vanno doppiamente incontro al rischio di plagiare e plasmare negativamente lo sviluppo degli stessi, perché sono naturalmente portati a metterli a paragone ed a equipararli, a trovare sempre somiglianze e/o similitudini nei comportamenti tra questi, e di rado entrano in sintonia con quelle parti uniche che li differenziano. Sembrano uguali, non lo sono, di certo sono connessi tra loro, ma non sono la stessa persona; i genitori competenti sanno riconoscerNe le differenze. L’Amore-Genitoriale-Narciso, quindi, è quello che ostacola l’unicità delle sviluppo della traiettoria evolutiva dei figli. Questo, potrebbe essere spiegato anche dal fatto che se il figlio non rispecchia le aspettative dei genitori, oltre che venirsi a formare quella che viene chiamata ferita narcisistica in quest’ultimi, si crea una dissonanza tra le rappresentazioni che il genitore ha del figlio e ciò che il figlio è realmente: questo si ritrova così destabilizzato e in bilico tra la necessità di accontentare mamma e papà e adattarsi all’immagine che loro hanno di lui/lei e la rabbia e l’opposizione verso questi perché sente che la propria individualità viene minacciata. Si vengono a creare, pertanto, quelli che Manzano chiama scenari narcisistici di genitorialità. Mamma e papà, spingete i vostri bambini all’Unicità, spingeteli a parlare con le loro parole e ascoltate i loro bisogni, quelli che vi esprimono in quel momento, non prima, non dopo. Per capire il disegno di Kevin è stato necessario stabilire un contatto visivo che facesse emergere, poi, un contatto relazionale che mi consentisse di capire quello che i genitori non avevano mai ascoltato: le Sue paure.
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A Manuela, ti spaventerai, ascolta le tue pulsioni e se ti manca qualcosa raggiungila
A Valeria Solesin, noi continuiamo a cercare
Dott.ssa Gabriella Papadia
Per Approfondire:
Freud, S. (1962). Introduzione al narcisismo. Rivista di Psicoanalisi, 8, 155-175.
Freud, S. (2013). Introduzione al narcisismo e Inibizione sintomo e angoscia. Bollati Boringhieri.
Giusti, E., & Rapanà, L. (2011). Narcisismo. Valutazione pluralistica e trattamento clinico integrato del disturbo narcistico di personalità. Sovera Edizioni.
Goyen, T. A., Veddovi, M., & Lui, K. (2003). Developmental outcome of discordant premature twins at 3 years. Early human development, 73, 27-37.
Heaton, P., & Wallace, G. L. (2004). Annotation: The savant syndrome. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 45, 899-911.
Manzano, J., Palacio Espasa, F., & Zilka, N. (2001). Scenari narcisistici della genitorialità. La consultazione genitori-bambino.
McWilliams, N., Schimmenti, A., & Caretti, V. (2012). La diagnosi psicoanalitica. Astrolabio.
Meeus, W. (1996). Toward a psychosocial analysis of adolescent identity: An evaluation of the epigenetic theory (Erikson) and the identity status model (Marcia). Social problems and social contexts in adolescence, 83-104.
Miller, L. K. (1999). The savant syndrome: intellectual impairment and exceptional skill. Psychological bulletin, 125, 31.
Monguzzi, F. (2015). Le ferite della genitorialità. Percorsi psicoanalitici di cura e sostegno: Percorsi psicoanalitici di cura e sostegno. FrancoAngeli.
Raphael-Leff, J. (2009). The” Dreamer” by Daylight: Imaginative Play, Creativity, and Generative Identity. The Psychoanalytic study of the child, 64, 14.
Robine, J. M. (2006). Il rivelarsi del sé nel contatto: studi di psicoterapia della Gestalt. F. Angeli.
Spagnuolo Lobb, M. (1990). Il sostegno specifico nelle interruzioni di contatto. Quaderni di Gestalt, 10, 13-23.
Tavazza, G. (2006). La funzione genitoriale tra stabilità e cambiamento.
Sitografia:
http://www.huffingtonpost.it/2015/10/13/6-segnali-genitore-narcisista_n_8283950.html