Il padre. Un’identità evaporata in questo nostro tempo

Un figlio, un padre. Quel figlio si rivolge al padre chiamandolo ripetutamente per nome, proprio come stesse parlando ad un amico, e lo fa lasciando intendere che quella che io vedo compiersi sotto i miei occhi, sia in realtà una consuetudine ormai consolidata nel loro rapporto. Il ragazzo non tradisce alcun ipotetico o voluto tono giocoso del momento a spiegazione di quella che io, dall’esterno, reputo un’attitudine piuttosto insolita.
E mi viene in mente che in un tempo decisamente lontanissimo dal nostro, quello stesso figlio si sarebbe rivolto al proprio padre dandogli del “Voi”, senza dubbio in nome di un timore reverenziale in cui il rispetto verso il proprio genitore era tutto intriso di paura e che in fondo la diceva lunga su quanto distanti si fosse allora dalla possibilità di creare una qualche forma di intimità relazionale anche solo accennata, cosa che normalmente finiva invece col cedere il passo ad algide e formali comunicazioni.

Di certo, quello appena tracciato è un esempio che svela usanze e tendenze fortunatamente ormai del tutto scomparse ed in cui, in un’epoca di assoluta estremizzazione della norma, la facoltà di decidere della vita così come della morte dei suoi discendenti, era un’esclusiva riservata al vecchio padre di famiglia. Ma ci si potrebbe domandare: In un’era come la nostra dominata invece da una cultura che esalta l’edonismo più sfrenato, che fine ha fatto la legge del padre? Quella a cui fa riferimento Massimo Recalcati è però l’unica legge imperversante nel tempo edipico (per un approfondimento si rimanda all’articolo Il complesso di Edipo – All’alba della legge del padre sulla rivista di Settembre 2015).

Nel tempo da lui dipinto il padre è il simbolo della legge, che tuttavia non coincide con la norma giuridica o morale: la legge del padre è quella che per la prima volta introduce l’individuo all’esperienza del limite, permettendogli lo scontro col muro dell’impossibile. Del tu non puoi. Il fermo “no” della legge del padre impedisce l’attuazione dell’incesto ed essa è simbolo di una autorità sana: un’autorità, che si fonda sulla coniugazione della legge col desiderio, laddove per desiderio intendiamo quella tendenza o spinta che muove continuamente verso l’ideale. Quando le due, legge e desiderio, viaggiano all’unisono, il prezzo da pagare è il rinvio della gratificazione: ma è esattamente per mezzo di questa sorta di castrazione simbolica che l’individuo scopre la possibilità di fare spazio dentro di sé al desiderio, di spostarlo cioè in avanti nel tempo senza il rischio di esaurirlo così nella sua immediatezza. Tuttavia, il fatto di essere immersi in una società del benessere come quella occidentale, rende sempre più fievole la possibilità di incontrare la giusta coniugazione fra legge e desiderio ed essi sono spesso e volentieri scorporati l’una dall’altro: ogni bene di consumo è oggi considerato merce di scambio facilmente sostituibile, essendo la nostra una cultura che non coltiva ormai più l’arte dell’attesa. Ciò certamente non permette a chi vive questo nostro tempo di concepire nel profondo di sé neppure l’idea di una sana frustrazione del desiderio, la cui urgenza finisce con lo svilirlo, svuotandolo della sua essenza, fino a ridurlo a mero capriccio. E ’evidente come in un simile clima non si possa certo favorire l’instaurarsi del seme del desiderio. Così, non incontrando alcun veto alla sua attuazione, questa diviene l’era dell’assenza del desiderio, che non riesce ad essere tramandato dall’una all’altra generazione; piuttosto, il mantenimento di un sano divario generazionale (genitori – figli) si fa impresa sempre più ardua e di contro lo sconfinamento della prima generazione nella seconda, si osserva drammaticamente ogni giorno di più. Secondo Recalcati ciò sarebbe proprio l’effetto dell’evaporazione del padre, vale a dire della dispersione sempre maggiore della sua autorevolezza e della profonda crisi in cui l’identità paterna sarebbe ormai caduta (per un approfondimento si rimanda all’articolo “Legami di attaccamento- oltre l’amore di un padre” della rivista del mese di Giugno 2015). Visto il ruolo svolto dal padre nella costituzione della personalità individuale, è abbastanza intuibile come la paternità sia oggi una delle sfide più dure cui l’uomo è chiamato a rispondere. Essa appare di una consistenza sempre più rarefatta, in un tempo in cui, con il desiderio che è sganciato dalla legge, ogni soddisfacimento odierno si fa facile e di immediata attuazione, un’attuazione che diviene non procrastinabile. Il tramonto della legge del padre avrebbe cioè aperto lo scenario attuale, quello della cultura in cui affonda l’uomo odierno, paradossalmente “senza desiderio”: in quanto totalmente immerso da oggetti del desiderio, per lui immediatamente fruibili, l’uomo moderno sarebbe privo della capacità di coltivare proprio l’essenza del desiderio, e quindi la capacità stessa di desiderare, dentro di sé. Il messaggio ultimo che lo psicoanalista tenta di lasciarci è il seguente: un buon genitore è quello che sappia tenere insieme legge e desiderio, dimostrando ai propri figli che vivere così oggi è ancora possibile, e soprattutto che una volta assunto il limite intrinseco della legge, il soddisfacimento ottenuto solo dopo la sua accettazione, sarà assai maggiore di una realizzazione immediata, effimera e fine a se stessa, consumata nella dimensione del qui ed ora.

Dott.ssa Carmela Lucia Marafioti

Riceve su appuntamento a Larino (CB)
(+39) 327 8526673

cl.marafioti@hotmail.com

Per approfondire:

Recalcati M., Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2012

Recalati M., Ritratti del desiderio, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2012

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