Ipocondria
Silenzi del corpo, rumori dell’anima
Ci capita, a volte, di aver paura di qualcosa che a mente fredda reputiamo inverosimile.
Come quelle sensazioni fisiche comuni e diffuse (un mal di testa, un mal di pancia o la scoperta di piccole e antiestetiche macchioline sulla nostra pelle..) che ci spaventano ed evocano in noi incontrollabili preoccupazioni per la nostra salute. Tendiamo ad esternare le paure dal momento che parlarne le rende più digeribili e sopportabili; esse vengono, però, apostrofate come “esagerazioni” dai nostri cari e come “distorte interpretazioni di sintomi somatici” dai medici a cui ci rivolgiamo frequentemente per ricevere rassicurazioni sulla nostra condizione fisica.
Nel persistere di uno stato di angoscia e preoccupazione, ci convinciamo che quel semplice doloretto o fastidio fisico sia il sintomo attraverso cui il nostro corpo ci comunica l’esistenza di una malattia ben più grave. Dal sintomo, alla paura, alla convinzione di nascondere in noi un “seme malato” che può distruggerci piano piano e di fronte cui ci sentiamo deboli ed inermi. Arriviamo a pianificare nella nostra mente strategie poco concrete per scampare alla morte o ad immaginarci catastroficamente come sarà breve il percorso da lì alla fine dei nostri giorni.
Lo stato di dolore o fastidio fisico dà vita in noi ad una confusione di pensieri che oscilla come un’altalena dal versante tragico-distruttivo dello “sto per morire”, alla razionalizzazione del sintomo “è solo un mal di testa” come fase momentanea di moderata entità. Questa confusione nasce da un conflitto psichico e genera un forte sentimento di ansia e agitazione che può divenire cronico ed acuto persistendo nel tempo, laddove analisi cliniche e valutazioni mediche confermino l’assenza di una patologia organica.
Dal greco “sotto la cartilagine”, il termine hypokhòndrion indica l’area specifica del corpo in cui, secondo Ippocrate, aveva origine la Malinconia. Ad oggi l’ipocondria non assume l’accezione di vera e propria sindrome, ma rappresenta un sintomo che solitamente, in assenza di deliri e allucinazioni che rimandano ad un quadro clinico di gravità maggiore, viene associato a disturbi d’ansia e dell’umore.
La paura di contrarre malattie ci fa considerare il nostro corpo come un pericolo estraneo e ingestibile. Di fatto, mente e corpo sono elementi inseparabili e dipendenti l’uno dall’altro: proprio quando il malessere si presenta in un’area specifica del nostro corpo, dunque quando sperimentiamo fisicamente una sensazione sgradevole, essa diviene per noi reale e, nonostante il sintomo fisico celi il suo significato alla nostra consapevolezza, ci comunica chiaramente l’esistenza di un vissuto sofferente.
Il sintomo è la conseguenza di un conflitto psichico inconscio che, in quanto tale, non siamo in grado di elaborare e legare ad un significato, ma che possiamo percepire e mostrare all’esterno soltanto nella forma di un’esperienza fisica quando si “trasforma” e si concretizza per mezzo del nostro corpo.
Teorie psicoanalitiche sottolineano come preoccupazioni ipocondriache vengano sperimentate per la prima volta durante l’infanzia nel legame di accudimento con una madre incapace di rispondere in maniera sufficientemente attenta ed affettuosa ai bisogni di cura del figlio o anch’essa ipocondriaca (identificazione patologica). Il bambino non potendo contare sul caregiver sicuro, è costretto a badare da solo a se stesso ed ascoltare il suo corpo per rispondere tempestivamente ai segnali di malessere. Il corpo diviene il principale, se non l’unico, soggetto a cui rivolgere attenzioni e conseguentemente l’unico oggetto di ansie e preoccupazioni.
Attraverso il sintomo ipocondriaco è possibile mantenere un controllo ossessivo sul proprio corpo ed allo stesso tempo nascondere alla consapevolezza (funzione protettiva) vissuti di rabbia e sensi di colpa legati alla relazione di accudimento disfunzionale. Sono infatti frequentemente sottesi al sintomo sia sentimenti di rabbia che derivano dalla frustrazione di essere stati bambini “abbandonati”, sia sentimenti di colpa che hanno a che fare con la preoccupazione di aver dedicato troppo tempo a se stessi e che accompagnano la rabbia in un vissuto ambivalente nei confronti di un oggetto-madre che è odiato e amato contemporaneamente.
Come accennato, l’ipersensibilità al sintomo del “malato immaginario” lo spinge a ricercare assiduamente consulenze con professionisti della salute di ogni tipo (o al contrario sfuggirne, come nel caso dello psicologo) che possano confermare il suo stato di benessere fisico. Spesso quando tale conferma dell’assenza di una patologia clinica arriva, viene vissuta come un errore e considerata una valutazione approssimativa del medico; ogni forma di rassicurazione che ne segue risulta vana. Nel legame di accudimento medico-paziente, infatti, quest’ultimo tenderà a reiterare le stesse dinamiche disfunzionali sperimentate nell’infanzia, non sentendosi accolto e curato, confermando l’ipotesi di essere l’unico a potersi occupare di sé. Per questo motivo, molti ipocondriaci scelgono di intraprendere studi medici o imparano a conoscere tutti i principi attivi di farmaci e rimedi naturali, per potersi curare da soli ed avere così la certezza di essere accuditi nella malattia.
Il famoso modo di dire “ognuno è il miglior medico di se stesso” sarà stato inventato da un ipocondriaco?
Nel dire comune associamo l’ipocondria alla paura di morire o di affrontare la vita con la preoccupazione che sia “una condanna a morte a tempo determinato”. Probabilmente ciò che ci spaventa ancor più della morte e che alimenta le nostre preoccupazioni ipocondriache è la paura di sentire il nostro corpo in silenzio, vuoto, assente: il “non sentirsi”. L’ipocondria assume, anche in quest’ottica, un ruolo protettivo: quando sperimentiamo ed amplifichiamo reali sensazioni fisiche, seppur angoscianti, riceviamo dal nostro corpo la conferma di essere vivi.
“A volte penso che la morte potrebbe essere più tollerabile nel sonno.”
(Woody Allen)
Dott.ssa Emanuela Gamba
Per approfondire
Galimberti U., “Il corpo”, Ed. Feltrinelli, 1987
Leveni D. e coll., “Ipocondria. Guida per il clinico e manuale per chi soffre del disturbo”, Ed. Erikson, 2011
De Maria G., “Io non sono ipocondriaca”, Ed. Mondadori, 2014
Molière, “Il malato immaginario”, Ed. Garzanti, 2011 – e film di Tonino Cervi del 1979
“Tutte le manie di Bob”, film di Frank Oz del 1991
Allen W., “Hypochondria: An Inside Look”, New York Times, 2013
( http://www.nytimes.com/2013/01/13/opinion/sunday/hypochondria-an-inside-look.html?_r=0 )
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