L’inconscio sulla Pelle. Ai confini del non-elaborato

La pelle, il traghettatore più all’avanguardia di messaggi inconsci. Verso l’amico, la compagna, il nemico, il genitore, o forse l’analista? Il più delle volte in ognuno trova appoggio uno stadio del processo soggettivo di elaborazione. Una sorta di proiezione del proprio senso di frammentazione che non si disgrega fino allo psicoticismo, per i segni che si fanno simbolo permanente. Non è un caso che proprio l’adolescente, nella fase evolutiva in cui il senso interno di continuità vacilla al maremoto di nuove pulsioni, cerca, modificando il proprio corpo, di vedere fuori, disegnato o inciso, il confine del turbinìo emotivo.

La ricerca è quella di una neo-sensorialità, per cui elementi quali tatuaggi, piercing e pratiche di cutting si inscrivono sulla pelle in qualità di involucri sessuali, o più spesso di sofferenza (Nicolò, A. M., 2009). Per di più molti casi si esauriscono durante l’adolescenza perché espressione di un disagio che affiorato sulla “superficie” viene in qualche modo significato con un holding da parte dell’ambiente (Imparato, 2015). Damasio ha elaborato il concetto di marcatore somatico riferendosi a una configurazione emozionale quale variazione dello stato corporeo; una risposta, che diviene tipica, dell’organismo a un evento e che chiede di essere riconosciuta.

La società dei nostri giorni, permeata da investimenti narcisistici sulla persona, illude alla possibilità di decidere tutto per sé. Il controllo diviene lo strumento privilegiato per raggiungere quell’ideale di successo che rende l’individuo capace di essere.A tal proposito Imparato (2015) parla di “prime adolescenti che giungono alla consultazione particolarmente disorientate, che non trovano facilmente pensieri e parole da associare a una condotta da cui, per certi versi, si sentono agite. L’instaurarsi del comportamento autolesivo spesso si accompagna alla ricerca di un senso dell’atto e forse di un senso di sé, ricerca che più che mai in adolescenza ha bisogno di “appoggiarsi” a quello che offre l’ambiente”.”E’ inevitabile che negli individui vulnerabili l’uso del corpo per gestire il dolore psichico è rinforzato in maniera non utile da tali processi socio-culturali” (Lemma, 2011).                               

Riprendendo il pensiero della psicanalista appena citata credo che la psicologia clinica possa adattarsi e riformarsi su questi nuovi modelli. Il corpo come involucro necessita sempre più di essere inglobato negli elementi del transfer, allo stesso modo degli aspetti più interiori del Sé. In altre parole, in questi “tempi degli acting” l’analista si presta come il sommo facilitatore di un’elaborazione che fatica ad essere pensata. Nello spazio terapeutico si dovrà mirare ad un affinamento della sensibilità elaborativa tale da significare il passato da un lato, ma soprattutto sublimare gli acting futuri. 

L’elaborazione è un processo di simbolizzazione che conferisce creatività al vissuto. In questi termini è evidente che il pensiero simbolico non può considerarsi astratto né deducibile da un unico centro di formazione. Esso acquisisce senso in quel contenitore che è la mente “incarnata” per cui i processi cerebrali emergono dal sistema percettivo senso-motorio dove prendono corpo. Così la mente radicata nel corpo crea rappresentazioni metaforiche, proto-metafore, che esulano dal vissuto, dal percetto, per poi significare l’astratto (Calamandrei, 2016). Del resto il processo metaforico prende avvio con la comunicazione fra il piano percettivo e quello motorio. E il segnarsi è l’atto che ha sentito.

La straordinarietà dei soggetti che giungono creativamente a modificare la propria superficie corporea è che non si fermano all’apparente sterilità elaborativa di un agìto, bensì dimostrano di aver asportato un lavoro della loro abilità immaginativa. Per questo credo che un gesto come il tatuarsi è tanto più vero quanto si scaglia come agìto, perché prodotto dell’inconscio e non dal pensiero. Decidere un tatuaggio sarebbe come forzarvi una cognizione, iniziare un processo di elaborazione che avrebbe più senso intraprendere a posteriori. Qui il lavoro con l’analista.

A tal proposito Rugi (2015) cita Bion (1965) asserendo che “il materiale in cui, con cui, su sui (ecc.) l’ ‘artista’ lavora nella trasformazione proiettiva è quello dello spazio K, riempito di non-oggetti, frantumati dalla identificazione proiettiva, l’avidità, la violenza. È questo lo spazio e il campo in cui analista e paziente compiono la loro magia trasformativa, che quando funziona, è trasformazione in O, la realtà, l’opera” (ibidem, pp. 283-284).

Da dove hanno origine queste forme creative di comunicazione? Dalle forze inconsce di matrice dolorosa e dal loro potere rivelatore. Inscrivere sul corpo è un acting artistico e come tale persegue lo scopo di “non rendere visibile, ma rendere visibile” (Deleuze, 1981, cit. in Rugi, 2015).Non solo, Lemma (2011) leggendo in chiave psicodinamica i significati dei segni sul corpo afferma che questi rispondono a diversi processi non coscienti, quali:

– la negazione della separazione o della perdita, che risponde alla fantasia inconscia di fusione con l’oggetto;

– il tentativo di separazione dall’Altro che viene sentito risiedere all’interno del corpo. In questi casi sono attive le fantasie di autocreazione o di rivendicazione;

– il tentativo di pensare a sé stessi come entità coerenti identificandosi con l’immagine di sé che l’Altro vede

– lamentarsi con l’oggetto del delitto, verso cui si sente il bisogno di dover infliggere dolore.

Imparato (2015) sintetizza queste condizioni di non-accettazione di parti di Sé e del corpo nel concetto di “dermatite autoimmune”.

“Un individuo creativo è un uomo libero e sano, un individuo capace di giocare con i propri limiti, un essere umano realizzato e probabilmente molto felice.” (Winnicott)

Dott. Nicolò Luciani,

Vincitore del Contest “We Want You” per il mese di Ottobre 2017

Per Approfondire:

  • Calamandrei, 2016, L’Identità Creativa, Franco Angeli Edizioni
  • Lemma, 2011, Sotto la Pelle- Psicoanalisi delle modificazioni corporee, Raffello Cortina Editore
  • Rugi, 2015,Trasformazioni del dolore. Tra psicoanalisi e arte: Freud, Bion, Grotstein, Munch, Bacon, Viola, Franco Angeli Edizioni

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