Autore: Carmela Lucia Marafioti

Il Falso Sè. Sul sentimento di autenticità

Capita alle volte che il sentiero che conduce alla scoperta della propria vera essenza sia particolarmente impervio; lungo il tragitto possono trovarsi impedimenti di ogni genere e sorta, coi quali la persona è via via chiamata a confrontarsi. Per il bambino, a svolgere un ruolo centrale nella futura accettazione della realtà esterna e dei limiti che essa porta con se, è la madre, che lo fa attraverso il suo assecondare -rendendola reale- l’esperienza di onnipotenza del figlio, fornendogli così, nel gioco e con l’immaginazione, una base indispensabile a che gradualmente si compia il passaggio dalla dipendenza all’indipendenza. Durante il gioco, il bambino deve poter coltivare l’illusione della creazione dell’oggetto esterno: ma per far questo è necessario che la madre mostri nei suoi confronti una capacità di contenimento empatico (holding), tale da permettergli la piena espressione della sua essenza e di godere così dell’illusione della sua creazione. Una volta poste queste pre-condizioni di partenza, per il bambino sarà più semplice rinunciare pian piano all’idea onnipotente di aver creato da se il mondo esterno, modulandosi così alle reali esigenze da esso poste. Chiaramente, ciò avviene nel caso di una madre che sia stata “sufficientemente buona” e che non abbia invece anteposto, sostituendoli, i propri sottesi bisogni a quelli della sua creatura. 

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Dissociazione e trauma. Come se non fosse mai accaduto

Renè Maigrette – Il doppio segreto

Se decidessi di incentrare buona parte del mio discorso su cosa si intenda o no per traumatico, probabilmente finirei con l’esaurire l’intero spazio a mia disposizione, visto e considerato che la definizione di trauma ha già in se tutti gli estremi necessari all’apertura di un vero e proprio dibattito sul “peso” che gli aspetti oggettivi  versus quelli soggettivi dell’evento scatenante posseggono nella sua determinazione. Un po’come se, per sciogliere la spinosa questione,  dovesse necessariamente prevalere la componente esterna su quella interna dell’esperienza. O viceversa. Rimandando la complessa trattazione sul trauma ad un prossimo e opportuno approfondimento, ai fini di una sua prima comprensione potremmo forse propendere per una interdipendenza dei due aspetti, in virtù della quale gli eventi della realtà esterna e la struttura intrapsichica di base si generano e s’influenzano l’un l’altra. Una persona può esser sottoposta a situazioni così strabordanti sul piano fisico e/o mentale (siano esse circostanze isolate o ripetute nel tempo) che la normale capacità di elaborarle ne viene duramente inficiata, specie se quell’elaborazione ha un costo psichico in termini di dolore o angoscia non tollerabile. 

Dissociazione, traumi

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I meccanismi di difesa. Quei garanti della sopravvivenza

I genitori di Martina, tre anni e mezzo di pura vivacità, hanno ben pensato di preparare la loro bimba all’arrivo ormai imminente della sorellina Gaia. Ed ecco che la maggiore mostra via via una premura particolarmente evidente nei confronti della piccola creatura; una premura, questa, che a tratti “preoccupa” i suoi genitori per  l’eccesso di attenzioni che possiede: Martina stringe a sé Gaia per dimostrarle tutto il suo affetto, ma lo fa un po’ troppo energicamente, dandole ripetuti pizzicotti fino a farla scoppiare in un pianto disperato; è sempre lei che con la mamma si propone prontamente d’intonarle qualche nenia per favorirne un migliore riposo.. il che, se le sue non somigliassero a delle urla incontrollate, avrebbe una sua ragion d’essere. In realtà, le manifestazioni eccessivamente amorevoli di Martina potrebbero celare dietro di sè l’esatto contrario: un “odio” nei confronti della nuova arrivata, colpevole di averla ingiustamente spodestata dal suo ruolo di figlia prediletta, circondata com’era dall’amore esclusivo di mamma e papà.

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Il lutto. Della morte e di altre perdite.

Malinconia (1892) – Edvard Munch

 L’orologio sulla parete segna le 2:25 di una delle mie solite notti insonni. Eccomi qui, la mente attiva e io già in piedi. Accendo il telefono così da scorrere le notizie dell’ultima ora dalla mia applicazione…ma basta un attimo, ed ecco che scelgo il dirottamento repentino, quasi  una sorta di automatismo ormai acquisito; così, il mio dito va per aprire la mia pagina Facebook. Leggo e non leggo, guardo e non guardo. Mi chiedo di che cosa mai io sia in cerca. A quell’ora del mattino poi. Tutt’a un tratto resto gelata davanti ad un post di Federico Zampaglione, voce dei Tiromancino.

Federico dice di esser sconvolto da una notizia appena appresa: la morte di Pino Daniele. Morte. Di Pino Daniele. Resto pietrificata per qualche istante, sino a quando, senza quasi accorgermene, viene fuori un deciso: “No, non è vero. Non può essere. Lui no!”.

lutto

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L’alessitimia. Quando il corpo mette in scena l’emozione

Devo confessarvelo. La prima volta che mi accostai, quasi affascinata, al “mondo alessitimico” fu per ragioni del tutto personali. Private.  Sino a quel momento, questo mondo, lo avevo solo osservato attraverso i miei amati libri, ma, di certo, non potevo ancora sapere che di lì a poco la mia vita ne sarebbe diventata un piccolo contenitore. Si, ho avuto modo d’interfacciarmi spesso con persone alessitimiche, la maggior parte delle quali, osservavo, era di sesso maschile. Provate a immaginare di essere gli osservatori partecipi di una situazione – tipo estremamente intensa sul piano emotivo, una di quelle in cui ci si attende una risposta emotiva altrettanto “forte”. Una di quelle in cui spesso si è trovata coinvolta la sottoscritta.

alessitimia

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