Arrival. Il linguaggio può cambiare la tua mente

Domandatevi da dove venite e cosa volete. Fate altrettanto con il vostro vicino di casa, o con la donna che sta giocando al cellulare sul sedile accanto al vostro nel vagone della metropolitana. Una domanda così semplice si basa su una lunga serie di presupposti condivisi: conoscere il significato delle parole utilizzate, conoscere la forma interrogativa di una frase, condividere lo stesso idioma. Semplice, starete pensando. Al massimo vi toccherà improvvisarvi in una lingua straniera che avete appreso al liceo o poco dopo.

Immaginate ora di dover porre la stessa domanda a degli alieni. 

Sono appena sbarcati sulla terra. Dodici astronavi denominate “gusci” sono approdate su altrettanti siti terresti. Da questi velivoli monolitici non proviene alcun segno di vita, radiazione o rumore. Ma ogni 18 ore una sorta di portale si apre sul fondo dei velivoli, quasi un invito a entrare.

Per questo Louise Banks viene contattata dall’esercito statunitense e trasportata nel Montana. Louise è una linguista. Il suo compito è quello di domandare agli alieni lo stesso quesito che vi ho chiesto di rivolgere a voi stessi o a un vicino. Ma da dove si comincia a costruire una forma di comunicazione, quando si proviene da mondi diversi, e non si condivide quasi nulla?

Louise, aiutata dal fisico teorico Ian Connelly, scopre che gli alieni sono in grado di comunicare visivamente attraverso una lingua scritta, circolare, che al contrario di quelle umane, non ha una direzione di lettura, e quindi, in senso più ampio, presuppone una concezione del tempo circolare. Presente, passato e futuro esistono contemporaneamente nella mente del parlante. Louise, grazie alla teoria Sapir–Whorf, comprende che il linguaggio utilizzato dagli alieni determina non solo il loro modo di pensare, ma il funzionamento stesso della loro mente. E Louise inizia a sperimentarlo su se stessa, e vede il proprio futuro. Ha la capacità di vedere ciò che deve ancora accadere, e in base a ciò agire nel presente.

Grazie alla capacità che ha acquisito Louise viene a sapere che gli alieni, denominati “Eptapodi” sono giunti sulla terra per offrire armi. Sull’interpretazione di questa frase i popoli e i governi della Terra rischieranno distruggere il nostro pianeta. Perché l’interpretazione di una comunicazione dipende dal sistema collusivo di significati condivisi che è alla base del linguaggio che utilizziamo. Un’arma può essere molte cose, in base al contesto cui apparteniamo. Louise lo comprende bene e grazie alla sua capacità di vedere il futuro riesce ad evitare che la Cina guidi un attacco nucleare contro di extraterrestri. Ma Louise riesce a vedere anche nel proprio futuro personale, in cui sposerà Ian e avrà una figlia con lui, destinata a morire prematuramente. Nonostante Louise conosca già gli eventi tragici che la riguarderanno decide di viverli lo stesso.

Il film del 2016 di Denis Villeneuve si basa sul racconto “Storie della tua vita” di Ted Chiang. Come il racconto, il film apre molti interrogativi di natura filosofica ed etica. Mette in discussione l’universalità dei significati del mondo in cui siamo immersi e il modo stesso in cui lo concepiamo. Il grande merito del regista è aver costruito un film palindromo, che può essere “letto” dall’inizio alla fine e viceversa, rivelando soltanto al termine la natura di ciò che abbiamo appena osservato, dimostrando di aver compreso profondamente il tema del racconto di Chiang e dell’ipotesi Safir-Whorf sull’influenza linguistica.In realtà i due studiosi Edward Sapir e Benjamin Lee Whorf non presentarono mai una formulazione rigorosa della loro ipotesi, ma fu J.B. Carroll a costruirla a posteriori, nel volume “Linguaggio, pensiero e realtà”.

A dimostrazione della natura intrinsecamente interpretativa del linguaggio, la stessa teoria ha due diverse interpretazioni, una versione forte e una debole dell’ipotesi. La prima è nota come determinismo e afferma che il nostro pensiero è interamente determinato dalle strutture della lingua: “Dal momento che il segno preesiste al parlante, noi parliamo della realtà subendo il determinismo della lingua. In altri termini leggiamo la realtà extra-linguistica secondo categorie intellettuali che sono già state strutturate dal linguaggio. Astrarre, cioè organizzare la conoscenza è un tutt’uno con l’attitudine del linguaggio: ciò si vede bene dalla diversa segmentazione espressiva che lingue diverse danno dello spettro dei colori, una realtà naturale uguale in ogni luogo.Whorf stesso sosteneva che “Non possiamo parlare affatto, se non accettiamo l’organizzazione e la classificazione dei dati che questo accordo stipula […] significa che nessun individuo è libero di descrivere la natura con assoluta imparzialità, ma è costretto a certi modi di interpretazione, anche quando si ritiene completamente libero.

La versione debole della teoria è definita relativismo. Le strutture delle lingue eserciterebbero un’influenza sul processo di categorizzazione mentale di chi parla. Sapir scrisse: “Se si tracciano dozzine di linee di forme differenti, le si nota subito come classificabili nelle categorie di “rette”, “contorte”, “curve”, “zigzag”, perché i termini linguistici contengono in se stessi un carattere stimolante la classificazione. Noi vediamo e udiamo e facciamo altre esperienze in un dato modo in gran parte perché le abitudini linguistiche delle nostra comunità ci predispongono a certe scelte di interpretazione.”Che propendiate per l’una o l’altra interpretazione della teoria d’ora in poi sappiate che la lingua che usate ogni giorno non è così neutra e ovvia come avete sempre immaginato. Ogni volta che parliamo forniamo una rappresentazione simbolica e tangibile della nostra mente e del modo in cui concepiamo il mondo.

Arrival – 2016 image courtesy of Warner Bros and Lava Bear Films

Dott.ssa Valeria Colasanti

Riceve su appuntamento a Roma e a Villanova di Guidonia (LT)(+39) 3488197748

colasantivaleria@gmail.com

Per Approfondire:

Edward Sapir, Il linguaggio, introduzione alla linguistica, Einaudi, Torino, 1969;

Edi Minguzzi, Codici e comunicazione, problemi di linguistica generale, Cuem, Milano, 2003;

Benjamin Lee Whorf, Language, thought and reality, the M.I.T. press, Cambridge, Massachusetts, 1956

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